I fiumi lombardi sono letteralmente avvelenati a causa della elevata presenza dell’erbicida più utilizzato in agricoltura, il glifosato, la cui concentrazione nelle acque in alcuni casi supera di 8 volte il limite previsto dalla legge. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Università Statale di Milano e coordinato da Caterina La Porta, docente di Patologia generale del dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali, e Stefano Bocchi, docente di Agronomia del medesimo dipartimento. La ricerca è stata eseguita con lo scopo di monitorare lo stato delle acque lombarde superficiali e sotterranee e di investigare sugli effetti ambientali sinergici di pesticidi differenti. Per questo, gli studiosi si sono rifatti ai dati geolocalizzati ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione ambientale) del 2018, aventi ad oggetto le sostanze inquinati presenti nelle acque della Regione Lombardia, e li hanno poi elaborati così da individuare le più frequenti combinazioni di pesticidi.
Dunque, innanzitutto sono stati osservati «nove record relativi al glifosato che superano la concentrazione di 10 μg/l», mentre l’AMPA (un composto che deriva dalla trasformazione del glifosato) è stata trovata ad una concentrazione di 134 μg/l. Queste sostanze sono molto abbondanti soprattutto nelle aree coltivate: alti livelli di Glifosato (8 volte superiori ai limiti di legge) sono stati rilevati nella zona di Roggia Vignola, mentre «l’AMPA è accumulata nel territorio della provincia di Varese, dove troviamo Olona, Seveso, Bozzente e Lura, quattro noti fiumi inquinati».
Inoltre non è raro che, soprattutto nelle acque delle zone agricole, insieme al glifosato si trovino anche altri pesticidi come Terbutilazina, Bentazon, 2,4-Diclorofenolo e Metolaclor. In più, gli insetticidi sono presenti nelle zone alpine e nelle valli, mentre gli erbicidi si trovano maggiormente nei fondovalle e nelle pianure con zone ad agricoltura intensiva.
Detto ciò, per studiare i possibili effetti ambientali sinergici di questi cocktail inquinanti è stata utilizzata, come biosensore, l’alga unicellulare “C. reinhardtii”. Alghe e microalghe, infatti, «rispondono rapidamente ai cambiamenti della qualità ambientale, permettendo di monitorare gli effetti sinergici e antagonistici dei vari inquinanti». Dunque, tali alghe sono state esposte per 7 giorni a quattro composti, «trovati presenti insieme ad alta concentrazione nelle acque superficiali», il che ha indotto uno stress in queste ultime. Ciò, spiegano i ricercatori, è testimoniato dalla presenza dei palmelloidi, degli aggregati cellulari. Ed a tal proposito, è stato scoperto che «l’esposizione all’AMPA e al Glifosato, da soli o in combinazione con Terbutilazina e Bentazon, nonché il mix dei quattro composti, porta ad un’ampia distribuzione dimensionale con la presenza di picchi nella distribuzione dimensionale maggiore, ovvero la dimensione tipica degli aggregati cellulari (forma palmelloide)».
[di Raffaele De Luca]