lunedì 4 Novembre 2024

Daniel Hale ha rivelato gli orrori dei droni USA, ora è agli arresti

La narrazione occidentale suggerisce spesso che la violenza sociale non sia la risposta, che i problemi interni al sistema debbano essere affrontati attraverso i canali amministrativi e che ogni cittadino possa in qualsiasi momento evidenziare le corruzioni e le deviazioni del mondo che lo circonda. Poi arrivano gli USA, i quali sembrano volersi impegnare attivamente nell’annichilire alla radice questa retorica.

Martedì 27 luglio, la Corte della Virginia ha infatti condannato Daniel Hale, trentatreenne con un passato da analista dell’Air Force, a 45 mesi di prigione per essersi dato allo spionaggio. O, per meglio dire, per aver fatto trapelare ai giornalisti alcune informazioni che offrono uno spaccato sul come gli Stati Uniti impieghino orribilmente i propri droni sui campi di battaglia.

I documenti fatti venire a galla avevano rivelato al pubblico che nei corridoi militari tutti fossero ben consapevoli delle misere performance dei droni bombardieri, con un report che ammetteva come nove uccisioni su dieci non abbiano nulla a che vedere con i bersagli designati. L’apoteosi della filosofia “shoot now e think later” che sboccia in un massacro di normali civili.

Nel 2014, dopo essersi rassegnato al fatto che il suo lavoro contribuisse attivamente alla morte di moltissimi innocenti, Hale aveva iniziato a raccogliere dozzine di file militari compromettenti per poi girarli alla redazione del The Intercept. Un’azione criminale, secondo il giudice Liam O’Grady, il quale ha dichiarato che, in queste situazioni, ci si dovrebbe limitare a denunciare gli orrori a voce. Senza rubare documenti, senza fornire prove.

Sin dai tempi della presidenza Obama, gli USA si sono dimostrati particolarmente energici nel perseguire tutti coloro che fanno emergere gli abusi e le ipocrisie del Pentagono (si pensi a Edward Snowden, Chelsea Manning, Reality Winner o Terry Albury), tuttavia l’Amministrazione Biden sembra aver trovato un nuovo paradigma con cui giustificare il proprio operato: dimostrarsi clemente con le testate che pubblicano gli articoli, ma perseguitare ossessivamente tutti gli quegli informatori che rendono possibili gli articoli in questione.

Hale ha sintetizzato la sua posizione durante l’udienza, gli è bastata un’unica frase: «Il vero motivo per cui sono qui è per aver aver rubato qualcosa che non spettava a me prendere: la preziosa vita umana».

[di Walter Ferri]

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