giovedì 21 Novembre 2024

Tutti i posti di lavoro persi dopo lo sblocco dei licenziamenti voluto da Draghi

Sono già molti i lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro nelle ultime settimane e, secondo le ultime stime dei sindacati CGIL, CISL, UIL sono circa 1500 i lavoratori attualmente sotto procedura di licenziamento, numeri che conosceranno una crescita nelle prossime settimane. Queste le conseguenze dirette da quando, il 30 giugno, il blocco dei licenziamenti è stato ufficialmente tolto dal governo capitanato da Mario Draghi. Una delle ultime, eclatanti notizie, rappresenta una grave strada adottata per licenziare ben novanta lavoratori. Protagonista del “licenziamento via WhatsApp” è stata Logista, leader nella distribuzione del tabacco. Prima di Logista, la fabbrica della Gkn Driveline con sede a Firenze aveva deciso di mettere in atto un licenziamento che ha compreso ben 442 dipendenti. Il licenziamento da parte del Gkn è avvenuto il 9 luglio. Pochi giorni dopo, è stata la volta della multinazionale Whirlpool, che ha avviato un licenziamento collettivo per 327 dipendenti dello stabilimento di Napoli. Non appena scattata la ritrovata possibilità di licenziare, è stata la Gianetti Ruote che solo due giorni dopo il 30 giugno, e non avvisando minimamente i propri dipendenti in anticipo, ha fatto sapere ai lavoratori che lo  stabilimento avrebbe chiuso inviando una mail. Ne è conseguito un immediato via alla procedura di licenziamento per 152 lavoratori di quella che è un’enorme azienda nata nel 1880. Per la multinazionale tedesca Henkel, invece, c’era talmente tanta urgenza di chiudere lo stabilimento di Lamazzo, che lo ha chiuso definitivamente il 30 giugno stesso. L’annuncio della chiusura dello stabilimento nato nel 1933 era stato dato a febbraio. Il primo luglio, 81 dipendenti hanno quindi perso il lavoro.

Il blocco dei licenziamenti aveva portato i lavoratori, fino al 1 luglio, a non rischiare di perdere il posto di lavoro. Con l’emergenza sanitaria e la crisi economica generatasi, il blocco dei licenziamenti ha fatto sì che i datori non potessero chiudere i rapporti lavorativi con i propri dipendenti. Il blocco dei licenziamenti, varato dal Governo Conte, aveva come obiettivo principale quello di proteggere e tutelare i lavoratori. Vista la pandemia e la crisi economica, una delle conseguenze negative avrebbe compreso migliaia di lavoratori, i quali si sarebbero potuti trovare faccia a faccia con il rischio di essere licenziati. Il blocco dei licenziamenti è però scaduto il 30 giugno e il nuovo governo guidato da Mario Draghi ha scelto di non rinnovarlo per la maggior parte dei settori, esclusi quelli più in crisi. Fino alla fine del mese di ottobre continuerà infatti il divieto di licenziare per i settori della moda in generale, del tessile, del calzaturiero. Alle aziende parte dei suddetti settori è stata data la possibilità, per ulteriori diciassette settimane a partire dal primo luglio, di avere la “cassa integrazione Covid” gratuita. Per aziende di altri settori al di fuori di quelli citati, che si trovino in crisi e senza ammortizzatori sociali disponibili, è stata invece introdotta una cassa integrazione straordinaria, a condizione che si evitino licenziamenti.

Ciò che sta accadendo negli ultimi mesi è conseguenza del manifesto programmatico esposto da Draghi nel momento dell’insediamento, quando affermò che fosse importante tutelare i lavoratori, ma senza tutelare i posti di lavoro. Un tipo di modo di agire in cui intrinseco è un paradosso, ma è ciò che si cela dietro lo spaventoso incremento di licenziamenti verificatosi nell’ultimo periodo. Al momento del suo insediamento, Mario Draghi aveva infatti rilasciato delle dichiarazioni in cui specificava che avrebbe avuto attenzione nel proteggere i lavoratori, ma non attraverso la tutela dei posti di lavoro. Una strategia che, tra l’altro, sembra essere utilizzata in tutto il resto d’Europa. Per Draghi la pandemia ha infatti delle conseguenze impossibili da modificare, come ha specificato nel punto fondamentale del discorso che fece appena insediato, chiamato – non a caso – “oltre la pandemia”. Ciò che il Presidente del Consiglio ha lasciato intendere è un’ovvia, incontrastabile “morte” di alcuni settori economici a seguito di un momento storico come quello vissuto. Dunque, si potranno mantenere in vita solo le aziende che praticamente riusciranno a farlo: « Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi».

[di Francesca Naima]

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4 Commenti

  1. Quello che mi chiedo è perché, in molti articoli, continuate ad usare il termine “pandemia”, mai dichiarata neanche dall’OMS, ma ormai entrata nell’uso comune a causa di un sistema criminale di informazione al servizio dei poteri forti. Voi potreste distinguervi.

    • il covid-19 è un virus diffuso in tutte le parti del mondo, chiamarla una “pandemia” non è poi così sbagliato oramai

      • Mah, a livello biologico c’è una piccola differenza: il covid19 è artificiale e risulta leggermente più ostico di una comune influenza.
        A livello politico i danni li creano i politici, con la scusa “per la vostra sicurezza”. In realtà sappiamo bene cosa stia succedendo.

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