È il 6 giugno 2019 quando i carabinieri di Paola, un piccolo comune della provincia di Cosenza, in Calabria, insospettiti da un forte odore di marijuana decidono di entrare nell’abitazione di Cristian Filippo, un ragazzo ventiquattrenne affetto da fibromialgia. Le forze dell’ordine trovano due piantine di canapa nonché i relativi strumenti necessari per la coltivazione, e Cristian viene accusato di spaccio: arriva infatti l’imputazione per aver «illecitamente coltivato e detenuto una sostanza stupefacente per cessione a terzi o comunque per un uso non esclusivamente personale». Il ragazzo passa dunque un mese agli arresti domiciliari, e successivamente viene disposto l’obbligo di dimora nel comune di Paola. Si arriva così al 10 giugno 2021, giorno in cui si tiene la prima udienza relativa al suo processo, nel quale rischia fino a 6 anni di carcere. Esso però di certo non terminerà presto, dato che la prossima udienza è prevista per marzo 2022.
Ad ogni modo, però, ci si chiede per quale motivo i carabinieri abbiano deciso di complicare ulteriormente la vita al ragazzo, soprattutto se si considera che tutto ciò è accaduto in Calabria, una regione in cui la ‘ndrangheta coltiva un terzo di tutta la cannabis italiana ma dove, evidentemente, si preferisce colpire i semplici consumatori. E in un certo qual modo si può affermare che la colpa di Cristian sia stata non solo quella di aver coltivato due piantine di cannabis che gli avrebbero permesso di usufruire di un prodotto controllato, ma anche di non aver finanziato il mercato nero. Rivolgendosi ad esso, infatti, il ragazzo avrebbe certamente rischiato meno, dato che acquistando qualche grammo dalle organizzazioni criminali non avrebbe di certo corso il rischio di finire in carcere. Un vero e proprio paradosso.
A tutto ciò si aggiunga appunto che Cristian è un ragazzo malato: la patologia di cui soffre provoca forti dolori muscolari associati ad affaticamento, rigidità, problemi di insonnia, di memoria ed alterazioni dell’umore. E, come affermato dal ragazzo, i farmaci tradizionali nel suo caso non sono riusciti ad alleviare tali sofferenze, motivo per cui ha deciso di autoprodursi la sua cura. E in un certo senso, Cristian ha dovuto per forza di cose ricorrere a tale scelta: seppur egli fosse dotato di prescrizione medica, e nonostante il fatto che in Italia sia legale prescrivere la cannabis medica, ottenerla in Calabria è praticamente impossibile. La Regione, infatti, non ha approvato alcun provvedimento per far sì che essa venga erogata a carico del servizio sanitario regionale.
È per questo motivo che “Meglio Legale”, una nuova campagna per la legalizzazione della cannabis, ha lanciato un appello per sostenere Cristian e per far sì da un lato che la Regione garantisca a tutti i pazienti l’accesso alla cannabis terapeutica, e dall’altro che il Parlamento liberalizzi per tutti i cittadini la coltivazione domestica di cannabis. In tal senso, nelle scorse settimane è stata depositata Alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati una proposta di legge (supportata da “Meglio Legale”) che mira a rendere legale la coltivazione di cannabis ad uso personale.
[di Raffaele De Luca]
Il bel paese… roba da non credere
È tutto talmente incredibile!