Domenica 5 settembre 2021, un colpo di stato ha rovesciato il governo del presidente guineano Alpha Condé. A guidare il golpe, Mamady Doumbouya, tenente colonnello ed ex soldato della legione straniera francese. Analogamente ad altri leader di stati africani politicamente instabili, Condé aveva modificato la costituzione del paese per poter governare oltre il limite prestabilito, e questo ha causato proteste, anche sanguinose, che raggiunto il momento di saturazione hanno portato al colpo di stato.
Nella capitale Conakry, gli ufficiali delle forze speciali hanno catturato il presidente (del quale hanno garantito l’integrità fisica e morale) e hanno dichiarato la dissoluzione delle istituzioni, imponendo il coprifuoco in tutto il paese. Ancora non è chiaro cosa seguirà a questo rovesciamento, ma si tratta di un evento non inusuale in Africa e in parte preannunciato dagli eventi che hanno caratterizzato la politica guineana negli ultimi anni. Condé, eletto democraticamente nel 2010, ha negli ultimi anni governato nell’irregolarità, attraendo un certo scontento.
Certo, la sua riforma costituzionale era stata approvata da un referendum (risalente al marzo 2020), ma aveva anche attratto numerose critiche da parte di costituzionalisti. Particolarmente problematici sono stati considerati due passaggi: il primo elimina la possibilità di candidarsi indipendentemente, senza sostegno di un partito o sponsorizzazione elettorale, il secondo rafforza i poteri del presidente. In risposta a queste modifiche considerate illegittime, l’opposizione si è concentrata all’interno del Fndc (Front national pour la défence de la constitution), un fronte compatto che si è impegnato in proteste, pressioni e atti di boicottaggio.
Situata nella parte più occidentale del continente africano, la Guinea è un paese particolarmente ricco di risorse soprattutto minerarie che ha presto interessato l’Occidente. È stato, tra il 1890 e il 1958, una colonia francese, oltre che uno dei primi paesi africani ad essere toccati dalla tratta degli schiavi. Come molti stati del continente africano che hanno sofferto la colonizzazione a causa della ricchezza naturale delle proprie risorse, la Guinea ha poi avuto difficoltà ad instaurare regimi politici stabili e ad avviare una vera e propria democratizzazione.
Le condizioni economiche della Guinea sono molto precarie, nonostante sia il paese col sottosuolo più ricco d’Africa con tanti giacimenti di petrolio, oro, ferro, platino e soprattutto è il secondo produttore mondiale di bauxite, roccia mineraria che costituisce la principale fonte nella produzione di alluminio. Non a caso tra le conseguenze globali immediate del colpo di stato c’è stata un’impennata dei prezzi di bauxite e alluminio sul mercato.
Nonostante le ricchezze naturali ancora nel 2006 il 47% dei guineani viveva sotto la soglia di povertà. Il paese fa parte della lista dei Paesi Meno Sviluppati, stilata dalle Nazioni Unite. L’Indice di Sviluppo Umano, attorno allo 0,3, è uno dei più bassi del mondo.
Negli ultimi anni, la sua politica è stata caratterizzata da numerose violazioni dei diritti umani, perpetrate soprattutto nei confronti di dissidenti e manifestanti. Da quando, nel 2019, Alpha Condé ha modificato la costituzione in suo favore per potersi candidare per la terza volta, più di un centinaio di persone hanno perso la vita protestando, per mano della polizia.
[di Anita Ishaq]