Le banche europee sono ancora troppo indietro sulla delicata questione della crisi climatica. Alcuni istituti di credito stanno dando prova della loro leadership su determinate questioni relative alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità, ma nessuna banca europea è stata – ancora – in grado di presentare un piano completo, in cui sia possibile assicurare il concetto di sostenibilità in tutti gli ambiti. È ciò che emerge dal nuovo studio pubblicato dall’ente di beneficienza ShareAction, che si pone l’obiettivo di incentivare gli investimenti responsabili, cioè «Una strategia d’investimento che integra i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nell’analisi e nelle decisioni d’investimento».
ShareAction si impegna per far sì che le banche possano indirizzare prestiti ai settori rinnovabili raggiungendo il prima possibile un’economia a basse emissioni di carbonio; le banche possono avere – e hanno – un ruolo centrale per accelerare la lotta contro il cambiamento climatico; ecco perché dovrebbero essere adottati quanto prima dei provvedimenti in tutte le aeree fondamentali di quest’ultimo (ovvero la biodiversità, l’esposizione a settori ad alto contenuto di carbonio, le politiche che limitano i servizi a settori come il petrolio e il gas, il rapporto tra la retribuzione dei dirigenti e i loro progressi sulle questioni climatiche). Lo studio di ShareAction ha dimostrato che le buste paga dei dirigenti non riescono a incoraggiare un cambiamento importante nei più grandi istituti di credito europei. Solo NatWest, ING e Credit Agricole rappresentano un’eccezione, visto che incentivano i loro amministratori delegati a porsi obiettivi climatici di impatto sui prestiti che estendono a determinati settori, collegando altresì la retribuzione a specifici impegni climatici.
Al momento, comunque, sono solo venti (delle venticinque maggiori banche europee) ad essersi impegnate per raggiungere emissioni nette pari a zero, entro e non oltre il 2050. Però, nessuna di esse ha poi abbinato tale obiettivo con piani completi per evitare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, come emerge dall’elenco di ShareAction. In pochissimi hanno poi iniziato a fare reali passi avanti: sono solo tre le banche (Lloyds Banking Group, NatWest e Nordea) impegnate a dimezzare le loro emissioni finanziate entro il 2030, così da mostrare di essere più vicine all’obiettivo del 2050.
[di Francesca Naima]
Sono convinto che ci sia della buona fede in chi crede a queste continue “emergenze” e “crisi”, ma la realtà è, come al solito, quella degli interessi economici. Il solo fatto che questa “sensibilità” al problema si estenda a tutti i governi, alle banche e alle multinazionali, dovrebbe quantomeno far sorgere qualche sospetto.