domenica 22 Dicembre 2024

Condannato in Ruanda l’uomo che salvò mille persone durante il genocidio

Paul Rusesabagina, un uomo di origine ruandese celebre per aver salvato più di mille persone durante il genocidio dei tutsi nel 1994, è stato ufficialmente condannato per terrorismo per mano del giudice Beatrice Mukamurenzi. L’accusa rivoltagli è quella di essere il fondatore di un’organizzazione terroristica che ha compiuto, negli anni, numerosi attacchi contro civili, tra cui quello che ne ha uccisi 9 nel 2018.

Rusesabagina era già stato arrestato nel 2020 con le stesse accuse, fortemente sostenute dal governo autoritario del presidente Paul Kagame. Un punto da tenere bene a mente: secondo molti Rusesabagina è finito in carcere per le numerose critiche che rivolgeva al governo di Kagame. Il Presidente, infatti, seppur noto per essere riuscito a mantenere dei discreti rapporti pacifici con i paesi occidentali, è da tempo accusato dagli stessi di autoritarismo, metodi violenti e repressivi e violazioni dei diritti umani. Paul Rusesabagina, in prima persona, lo aveva indicato come responsabile di un altro genocidio avvenuto nel paese, contro l’etnia hutu.

Le circostanze che hanno portato Rusesabagina ad essere arrestato non aiutano a fare chiarezza e a eliminare i dubbi sul coinvolgimento del governo Kagame. Non è noto, infatti, dove fisicamente si trovasse Rusesabagina al momento della cattura, visto che le autorità belghe negano di aver mai dato il consenso alla sua estradizione e la famiglia, dall’altra parte, accusa il governo ruandese di rapimento.

Il processo stesso, iniziato a febbraio del 2021 mentre l’uomo si trovava già in carcere da 5 mesi, è stato molto criticato, soprattutto perché alcune fonti sostenevano che Rusesabagina si trovava rinchiuso in condizioni disagevoli e senza le medicine necessarie a tenere sotto controllo la sua pressione alta.

Rusesabagina si era già allontanato dal Ruanda nel 1996, trasferendosi prima in Belgio e poi negli Stati Uniti, cercando di sfuggire ai numerosi tentativi del governo di riportarlo in patria e processarlo. La sua “fuga” si è fermata nel settembre del 2020, mese in cui l’uomo è stato fermato tramite un mandato di arresto internazionale, criticato poi dal Parlamento Europeo. Quest’ultimo, infatti, aveva approvato una risoluzione in cui chiedeva a Kagame di rispettare i diritti di cittadino europeo di Rusesabagina. Il governo ruandese aveva ribattuto con un’altra risoluzione, volta ad accusare l’Unione Europea di voler influenzare un processo in corso.

Come mai la storia di Paul Rusesabagina ci è familiare? Perché ci è stata raccontata nel film Hotel Rwanda, risalente al 2004. L’uomo infatti, presente durante il genocidio ruandese del 1994, tristemente noto perché morirono tra 800mila e un milione di persone appartenenti soprattutto all’etnia tutsi, riuscì a salvare circa 1.268 individui, sia hutu che tutsi, mettendoli a riparo nell’albergo di cui era direttore. Negli anni Rusesabagina scrisse molto sulla vicenda, ricevendo molti riconoscimenti e premi per i diritti umani.

È difficile prevedere come andrà a finire, se Rusesabagina dovrà scontare l’interezza della pena o l’intervento dell’Unione europea riuscirà a mediare la vicenda. Secondo gli avvocati dell’imputato non esistono prove inconfutabili sulle uccisioni di civili per mano dell’organizzazione terroristica che l’uomo è accusato di aver guidato. A loro dire, infatti, il processo è stato influenzato dalla politica e dalle critiche di Rusesabagina al governo di Kagame, poco propenso ad accettare correnti contrarie alla propria.

[di Gloria Ferrari]

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