lunedì 4 Novembre 2024

La normativa italiana sul Green Pass contravviene le regole europee?

La normativa italiana sul Green Pass sembra essere, a primo impatto, in contraddizione con quanto stabilito dal regolamento europeo n. 935/2021, il quale definisce il quadro giuridico per il rilascio, la verifica e l’accettazione del certificato verde, inteso come uno strumento in grado di «facilitare la libera circolazione durante la pandemia da Covid-19».

In tal senso, principalmente a far nascere alcune perplessità sono i punti 14 e 36 del regolamento. Nel primo, si afferma il principio per cui il Green Pass «non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia». Nel secondo, invece, viene affermata la necessità di «prevenire la discriminazione diretta o indiretta nei confronti degli individui che non sono vaccinati» compresi coloro che, benché non impossibilitati, hanno semplicemente «scelto di non farsi vaccinare». In tal senso, si legge ancora, «il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo di vaccinazione».

Sono tali principi, dunque, che portano a pensare che vi possa essere una contrapposizione tra tale regolamento ed il modo in cui il Green Pass viene attualmente utilizzato nella nostra nazione. Innanzitutto, infatti, la discriminazione nei confronti degli individui non vaccinati sembra essere presente, quantomeno indirettamente, in Italia. In tal senso, mentre chi sceglie di sottoporsi al vaccino anti Covid non deve personalmente sostenere alcuna spesa per ottenere il Green Pass, per chi decide di ottenerlo tramite il tampone la questione è ben diversa. A tal proposito, seppur dal 15 ottobre verranno introdotti i tamponi gratuiti per chi non si può vaccinare, per tutti gli altri saranno ancora pagamento. Ed anche se i test antigenici rapidi avranno un prezzo calmierato (8 euro per i minorenni e 15 euro per i maggiorenni), ciò darà comunque luogo ad una neanche tanto celata disparità di trattamento tra chi decide di sottoporsi al siero e chi si rifiuta, legittimamente, di farlo.

Di scelta legittima infatti si tratta, dato che al momento in Italia non è presente alcun obbligo (se non per i sanitari) di vaccinarsi contro il coronavirus. In tal senso, come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», la quale appunto al momento non vi è. E a tal proposito la tesi da alcuni sostenuta, secondo cui tale articolo sarebbe aggirato dal lasciapassare sanitario in quanto esso obbliga surrettiziamente i cittadini a vaccinarsi, sembra non essere totalmente errata alla luce della sopracitata differenza di trattamento. Ciò determinerebbe però una contrapposizione non solo nei confronti dell’articolo 36 del regolamento europeo, che come detto prevede che esso non possa giustificare l’istituzione di «un diritto o un obbligo di vaccinazione», ma appunto anche nei confronti dell’articolo 32 della Costituzione. Ad ogni modo però, se anche non si volesse considerare fondata l’ipotesi dell’obbligo de facto, il contrasto con l’articolo 36 vi sarebbe comunque dato che, come detto, esso impone la non discriminazione, diretta o indiretta, dei non vaccinati.

Infine, per ciò che concerne il sopracitato punto 14 del regolamento, va detto che in Italia le restrizioni introdotte sembrano essere in contrasto con alcuni diritti fondamentali della nostra Costituzione. L’obbligatorietà del lasciapassare, come ormai è noto, è stata infatti estesa non solo all’accesso a determinati servizi o attività, ma anche, tramite apposito decreto legge, agli studenti universitari ed al personale scolastico e universitario. Ciò induce a ipotizzare che vi possa essere un contrasto con determinati articoli della Costituzione come ad esempio il secondo, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, alcuni dei quali adesso sembrano appunto essere subordinati al possesso del certificato verde.

Per questi motivi, dunque, abbiamo chiesto delucidazioni in merito all’Unione europea tramite l’Europe Direct, il servizio messo a disposizione dalla stessa per entrare in contatto con essa. Tuttavia, dalla risposta che ci è stata data emerge che l’UE in pratica sostenga che non vi sia alcuna contraddizione tra quanto stabilito dal regolamento europeo e dalla normativa italiana. Ciò poiché, nello specifico, «l’uso nazionale dei certificati Covid-19 per altri scopi, quali l’accesso a eventi o luoghi di ritrovo, non rientra nel campo di applicazione del diritto dell’UE» e «quando gli Stati membri decidono di utilizzare i certificati Covid-19 per altri scopi, ciò deve essere previsto dal diritto nazionale».

Ad ogni modo però, pur volendo giudicare fondata la tesi dell’UE, i dubbi sulla legittimità dell’utilizzo che in Italia si sta facendo del Green Pass permangono ugualmente. Come ricordato, infatti, ciò che genera perplessità nei confronti della normativa italiana non è solo l’ipotetico contrasto con il regolamento europeo ma anche, e soprattutto, la apparente contrapposizione nei confronti della nostra Costituzione, la quale resta possibile a prescindere dal fatto che il Green Pass in salsa italiana sia, o meno, realmente inconciliabile con la normativa europea.

[di Raffaele De Luca]

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11 Commenti

  1. L’arzigogolata risposta di Europe Direct (una specie di ufficio stampa dell’Unione?) dimostra che l’UE non andrà mai contro l’operato del Drago, anche perché l’Italia sta facendo da apripista. Ecco perché bisogna resistere, qui e ora.

    L’articolo in sè non è male, solo ci dà brutte notizie.

  2. è chiaro che l’ europa ha scritto una cosa e risponde altro “che l’utilizzo dei certificati per altri scopi non rientra nel campo del diritto europeo”ma del diritto nazionale” .Qui è chiaro che il percorso dove ci vogliono portare è altro: un passaporto per vivere socialmente ed essere controllati costantemente dai sistemi allora il complotto mondialista contro i cittadini tutti esiste, la UE trova modo in questa frase di riesumare la nazione che aveva seppellito a favore dell’europa.

  3. … dubbi sulla legittimità!? ma più chiaro di così cosa altro deve accadere? i dubbi non ci sono e invece evidenza che l’europa va a braccetto con l’Italia … complotto!, l’articolo dovrebbe essere più “coraggioso” nella verità.

  4. Io non ci vedo niente di male in questo articolo. Si sono fatti una domanda e hanno dato una risposta. Se quest’ultima non piace, non è di certo colpa della testata.

  5. L’Indipendente dice di sé ”informazione senza padroni” : per il pensiero libertario, ”padrone” non è solo chi -per immaginario comune- detiene il potere (governatore, datore di lavoro, etc.) ma chiunque o la qualunque cosa possa dominare sull’individuo.
    Va da sé che quanto divulgato da chi scrive per L’Indipendente sia quanto di più simile all’autentica informazione : sopra le parti, né padrona né succube, libera dalla pretesa di ”comandare” e dal vincolo di ”obbedire”. A questo giornale, a mio avviso, non sta quindi succedendo niente, se non esistere secondo la sua natura stessa.

  6. Gli italiani, specie quelli appartenenti al settore privato, sono vessati da un governo politicamente delinquenziale.
    Altro che!

  7. Davvero qui sopra c’è scritto quello che ho letto?
    Dopo aver calpestato tutti i diritti, in Italistan siamo arrivati persino a quello del lavoro, quello fondante la Repubblica, per cui per letteralmente per vivere devo sottostare a un ricatto e qui ci si domanda se il green pass è in contrasto con il regolamento europeo? Ma cosa sta succedendo a questo giornale?

    • Salve Wolfy, francamente non capisco molto questi attacchi. L’articolo si pone domande di carattere “giuridico” e cerca la risposta. Ti assicuro che dal punto di vista editoriale sarebbe molto più semplice, rapido e redditizio urlare slogan ed affermare “il Green pass è contro le norme europee che prescrivono di non discriminare i non vaccinati”. Ma sarebbe vero giornalismo? Di testate di “controinformazione” che fanno questo lavoro ne è pieno il web. Giornalismo secondo noi è invece porsi domande coraggiose e cercare la risposta, cercando – come in questo caso – anche di leggere le complessità del linguaggio giuridico e della burocrazia legislativa europea, senza voler fornire verità di comodo e “acchiappa click”. Tra l’altro mica in questo articolo si dice che le norme italiane non siano certamente in contraddizione con quelle europee: si riporta la risposta ufficiale e si ribadiscono i dubbi di fondo.

      A parte il caso specifico, quello che cerchiamo di fare dall’inizio di questa avventura è rimanere sempre intellettualmente onesti nell’analisi dei fatti senza accontentarci delle risposte facili e delle verità di comodo in nessun caso: non faremo mai da megafono alle istituzioni (come fa il mainstream), ma non faremo neanche la voce “contro” in ogni caso e ad ogni costo (col rischio di finire non di rado a scrivere articoli che poi si rivelano panzane, come accade ad altre testate di “opposizione”). Questo per noi è tenere fede al nome L’INDIPENDENTE. Non c’è stato alcun cambiamento in questo.

      Un saluto

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