Dalla firma degli Accordi di Parigi (2015) gran parte dei piani volti a realizzare nuove centrali a carbone sono stati annullati. A rivelarlo è un nuovo rapporto dei gruppi per il clima E3G, Global Energy Monitor ed Ember richiamato anche dal prestigioso The Guardian, il quale si è occupato di riportare le novità emerse: quarantaquattro paesi hanno scelto di evitare un qualsivoglia piano futuro per l’energia a carbone (una delle più inquinanti, visto che il carbone è uno dei combustili fossili più dannosi per il clima).
Sembra quindi che la fine “dell’era del carbone” sia vicina e che le nazioni stiano mettendo in pratica parte delle decisioni prese durante gli Accordi di Parigi, nonostante una recente analisi di Climate Action Tracker abbia dimostrato quanto molti paesi siano ancora tristemente lontani dal raggiungimento di tale obiettivo. Sarebbe infatti essenziale vedere cambiare rotta anche ai trentuno paesi che – per ora – stanno mantenendo i progetti relativi alla costruzione di nuovi impianti. C’è anche da dire che la metà dei trentuno paesi citati prevede la costruzione di una sola nuova centrale, notizia che fa comunque ben sperare per il “no new coal by 2021″ (appello lanciato del Segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres); se solo la Cina – responsabile di oltre la metà dei piani mondiali per le centrali a carbone – così come India, Vietnam, Indonesia, Turchia e Bangladesh, decidessero di eliminare i propri progetti, il numero previsto di nuovi impianti a carbone si ridurrebbe del 90 per cento. Ridimensionare il più possibile l’uso del carbone è uno degli obiettivi principali per frenare la crisi climatica e, come ha suggerito l’ONU, l’utilizzo dell’inquinante combustibile fossile dovrebbe ridursi del 79 per cento rispetto ai livelli del 2019 entro la fine del decennio, se si vuole davvero tenere fede alla promessa fatta a Parigi.
Senza un reale impegno da parte di tutti paesi a eliminare gradualmente il carbone, sarà però impossibile impedire che le temperature aumentino di oltre 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, com’è stato stabilito durante gli Accordi di Parigi. Le novità diffuse dal rapporto sopracitato rimangono comunque sinonimo di alcune prime grandi vittorie, utili anche per dare il giusto via alla ventiseiesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima (Cop 26), prevista per novembre a Glasgow.
[di Francesca Naima]