Uno scambio informale di messaggi tra la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, rischia di trasformarsi in uno scandalo. Gli sms, mandati e ricevuti dai due durante i negoziati sulla fornitura all’Ue di 1,8 miliardi di dosi del vaccino anti-Covid, stanno infatti divenendo un vero e proprio caso: non per il loro contenuto, bensì per l’impossibilità, al momento, di venirne a conoscenza a causa della non diffusione dello stesso da parte della Commissione europea.
In tal senso dopo la pubblicazione, lo scorso aprile, di un articolo del New York Times in cui veniva appunto riferita la notizia dello scambio di messaggi tra la Von der Leyen e Bourla, la Commissione europea ha ricevuto una richiesta di accedere pubblicamente ad essi. Tuttavia, l’istituzione europea ha fatto sapere di non poter fornire l’accesso a nessuno dei messaggi non essendo questi ultimi stati conservati e, dunque, non avendone traccia. Per questo, è stata effettuata una denuncia presso il Mediatore europeo, figura dell’Unione che ha il compito di indagare sulle denunce relative a casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni o di altri organi della stessa. Il denunciante ha basato la sua richiesta sul fatto che, dato il presunto oggetto dei testi, gli sms rientrerebbero nel concetto di “documento” previsto dal regolamento 1049/2001, il quale stabilisce che in caso di mancata diffusione pubblica i richiedenti possono rifarsi al mediatore.
Così Emily O’Reilly, l’attuale mediatrice europea, dopo aver analizzato la questione ha deciso di aprire un’indagine. A tal proposito, nella lettera avente ad oggetto tale decisione si legge che mentre da un lato la Commissione ha «parzialmente divulgato tre documenti al denunciante», dall’altro ha anche «dichiarato di non avere registrazioni dei messaggi in questione» affermando di non avere il dovere di «conservare ogni singolo documento» e specificando che si ha comunque a che fare con messaggi generalmente «di breve durata» e quindi, in linea di principio, esclusi dalla sua politica di conservazione dei registri.
Tuttavia, la mediatrice ha appunto stabilito che ritiene necessario che la sua squadra d’inchiesta si incontri, prima dell’8 ottobre 2021, «con i rappresentanti competenti della Commissione per ottenere ulteriori informazioni» In particolare, alla Commissione si chiede di illustrare «la sua politica sulla conservazione delle registrazioni dei messaggi di testo e su come tale politica sia attuata nella pratica» e «se, e in caso affermativo, come e dove, abbia cercato eventuali messaggi di testo rientranti nella richiesta del denunciante». Infine, la mediatrice “tranquillizza” la Commissione sottolineando che «le informazioni o i documenti che essa considera riservati non saranno divulgati al denunciante o a qualsiasi altra persona senza previo accordo».
Detto ciò, non si tratta comunque della prima volta in cui personaggi di spicco dell’UE restano coinvolti in casi sospetti connessi alla fornitura dei vaccini anti Covid. Basterà ricordare che solo qualche mese fa il marito della commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakidou, ha ricevuto senza alcuna motivazione ufficiale un prestito da 4 milioni di euro dalla Cyprus Cooperative Bank, nonostante egli non fosse dotato delle garanzie necessarie. E seppur non vi sia alcuna prova che la moglie sia effettivamente coinvolta in tale vicenda, si tratta comunque di un caso di sospetta corruzione affiancato al nome di colei che ha svolto un ruolo cruciale nella sottoscrizione dei contratti sui vaccini con le aziende farmaceutiche.
[di Raffaele De Luca]