«Agli istituti scolastici non è consentito conoscere lo stato vaccinale degli studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, né a questi (a differenza degli universitari) è richiesto il possesso e l’esibizione della certificazione verde per accedere alle strutture scolastiche». Lo specifica il Garante della privacy in una lettera indirizzata al ministero dell’Istruzione, ponendo i paletti su richieste indebite del passaporto vaccinale ed anche su possibili “domande impertinenti” ai ragazzi.
Non solo. Il Garante, nel sensibilizzare «le scuole sui rischi per la privacy derivanti da iniziative finalizzate all’acquisizione di informazioni sullo stato vaccinale degli studenti e dei rispettivi familiari» mette in guardia «sulle possibili conseguenze per i minori, anche sul piano educativo, derivanti da simili iniziative». Come a sottolineare che nelle scuole si stia sviluppando una abitudine al controllo e alle intromissioni nella privacy personale e delle famiglie che oltrepassa quello che per il Garante è il livello di allerta.
Un altro passaggio della lettera fa riflettere: «Per quanto riguarda i familiari, le amministrazioni scolastiche non possono trattare informazioni relative all’avvenuta o meno vaccinazione, ma limitarsi a verificare, mediante il personale autorizzato, il mero possesso della certificazione verde all’ingresso dei locali scolastici». Anche qui il Garante, tra le righe, sembra sottolineare un problema che in molte scuole si sta verificando, ovvero che i dirigenti scolastici, almeno in alcuni casi, non si stiano accontentando di verificare il possesso della “certificazione verde” ma vogliano indagare sullo stato vaccinale di studenti e genitori.
Anche in merito all’ipotesi dell’eliminare l’obbligo della mascherina nelle sole classi dove tutti gli studenti siano vaccinati il Garante, pur rendendosi come ovvio disponibile a collaborare alla ricerca di soluzioni per applicare la norma, ribadisce la necessità «che vengano in ogni caso individuate modalità che non rendano identificabili gli studenti interessati, anche al fine di prevenire possibili effetti discriminatori per coloro che non possano o non intendano sottoporsi alla vaccinazione».