Che gli Stati Uniti non nutrano simpatie per Julian Assange, uomo a capo del portale WikiLeaks, era cosa nota, tuttavia un report pubblicato domenica offre uno spaccato sui retroscena della persecuzione politica subita dall’attivista australiano, dando voce a testimonianze che hanno dell’incredibile.
I dissapori tra USA e WikiLeaks partono dall’ormai remota amministrazione Obama, ovvero da quel 2010 in cui il discusso portale ha pubblicato diversi documenti che il Governo a stelle e strisce si era accuratamente assicurato di insabbiare. Già allora le Intelligence erano trepidanti, pronte all’azione, tuttavia il Presidente ha frenato ogni genere di intervento, invocando l’importanza di preservare il Primo Emendamento: la libertà di parola e di stampa.
Stando agli informatori della testata, dopo appena tre anni persino Barack Obama avrebbe però iniziato a cambiare prospettiva sulla faccenda. Nel 2013 WikiLeaks ha infatti contribuito non poco nel permettere a Edward Snowden di rivelare al mondo intero che gli USA stavano spiando illegalmente i propri cittadini e i leader politici esteri, nonché ha avuto un ruolo essenziale nel permettere all’ex agente NSA di fuggire in Russia.
Da allora, la CIA avrebbe formato un team interamente impegnato a fare le pulci ad Assange e ai suoi collaboratori, il tutto nella speranza di incappare in eventuali legami occulti intessuti con il Cremlino. Fallito questo tentativo, le Intelligence hanno scomodato i propri consulenti legali con lo scopo di trovare qualche cavillo con cui dimostrare che i membri del portale non siano da considerare giornalisti, ma “informatori”. La Casa Bianca di Obama ha ripudiato questo escamotage, ma quella di Donald Trump ci è andata a nozze.
Mike Pompeo, divenuto nel 2017 capo della CIA, ha immediatamente etichettato WikiLeaks come un «servizio di intelligence ostile», di fatto sottraendo agli attivisti del portale quelle tutele che sarebbero loro garantite dal già citato Primo Emendamento. Il controspionaggio ha ottenuto dunque massima libertà d’azione e si è messo in moto per recuperare i preziosi dati del “Vault 7”, una serie di documenti trafugati da terzi dalla CIA che erano finiti nelle mani dell’organizzazione. Considerando che il Vault 7 ha messo in mostra molti dei trucchetti di sorveglianza digitale e di guerra cibernetica messi in campo dagli USA, impedire agli uomini di Assange di renderne pubblici i contenuti era un obiettivo prioritario.
Anche in questo caso, però, gli sforzi sono stati fallimentari. Il report suggerisce che i membri di WikiLeaks, ormai paranoici, abbiano difeso bene le informazioni raccolte e neppure le effrazioni domestiche e i furti perpetrati dagli agenti segreti americani sono stati in grado di arginare le scomode rivelazioni. Al culmine della frustrazione, l’Amministrazione Trump avrebbe iniziato a perdere la pazienza, avanzando strategie d’azione sempre più estreme e autoritarie.
A questo punto, la Casa Bianca si è interamente focalizzata sul trovare stratagemmi con cui mettere le mani su Assange, all’epoca ospitato dal consolato ecuadoregno di Londra. Spie e informatori si sono assiepati fuori e dentro le mura dell’edificio diplomatico e la CIA ha largamente discusso la possibilità di rapire con la forza l’uomo, opzione che il Regno Unito ha stroncato sul nascere. Testimoni hanno accennato al fatto che si sia brevemente valutata persino l’opzione dell’omicidio, con l’avvelenamento che dominava la lista delle strategie papabili.
Impossibilitate ad agire immediatamente, le Intelligence statunitensi hanno iniziato a temere che Assange potesse sfuggirli da sotto il naso, che potesse uscire strategicamente dall’ambasciata per poi fuggire in Russia grazie all’aiuto di agenti avversari. Dopo quanto successo con Snowden, un’evenienza simile sarebbe stata disastrosa e gli 007 americani si sarebbero dunque preparati a reagire violentemente a ogni sfida: qualora il capo di WikLeaks fosse salito su un qualsiasi veicolo, gli uomini della CIA erano pronti a lanciarsi in sparatorie per le strade di Londra, speronare la vettura per mandarla fuoristrada o bloccare con ogni mezzo l’aeroplano pronto a portare l’attivista fuori dalla portata degli Stati Uniti.
Alla fine, i tecnici vicini alla Casa Bianca sono riusciti a convincere l’establishment a non cedere a queste strategie da Guerra Fredda, piuttosto hanno intrapreso le vie legali. Questo approccio si sta dimostrando certamente lento, tuttavia sta rovinando la vita di Assange senza neanche vi sia effettivo bisogno di un’estradizione in terra statunitense.
[di Walter Ferri]
Credo siano riusciti comunque a silenziare e “disarmare” wikLeaks per l’immediato futuro. Ho sognato l’emergere di rivelazioni sul Covid e sulle strategie di quello che, ormai alla luce del sole, conosciamo come Great Reset, solo sognato sic!