domenica 22 Dicembre 2024

La Colombia continua a bombardare col glifosato i campi di coca: non ha mai funzionato

Il governo colombiano guidato da Iván Duque continua a incentivare le fumigazioni aeree con il glifosato per distruggere i raccolti di coca e portare avanti una forte campagna contro la droga.

Già a marzo scorso, però, più di 180 studiosi appartenenti a università statunitensi, colombiane e di altri paesi avevano scritto a Biden, (sostenitore della ripresa delle fumigazioni in Colombia, come il suo predecessore Trump) ricordando come l’uso del glifosato risultasse inefficace, costoso e devastante per la salute delle persone, le comunità agricole e gli ecosistemi (e inefficace a contrastare un’economia fortemente basata e radicata sulla produzione di coca).

Prima ancora, nel 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva definito l’erbicida glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. Non era della stessa opinione, invece, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, che smentiva la pericolosità dell’erbicida.

Partiamo dal presupposto che la Colombia è il più grande produttore mondiale di cocaina, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC). Dato che dovrebbe spingere l’amministrazione a capire che, per condurre una battaglia solida e sicura contro gli stupefacenti, servirebbe un altrettanto solida strategia, in grado di fornire un’alternativa concreta a chi, con la coltivazione di coca, sfama una famiglia intera.

Parliamo di quegli agricoltori che utilizzano le piantagioni di coca come mezzo di sussistenza e che da un po’ di anni temono per la propria condizione economica, di salute e per un potenziale aumento della violenza nelle loro regioni, già piegate dalle bande criminali.

Le stesse bande che stanno invadendo grosse aree protette, esenti dall’utilizzo del glifosato, per trovare nuovi terreni coltivabili. Soprattutto dopo aver appreso da diversi studi scientifici che le fumigazioni con glifosato contaminano le riserve idriche rurali, danneggiano il suolo fertile e distruggono intere fasce di colture diverse dalla coca: insomma, rendono i campi sterili e inutilizzabili.

Ma Duque, con il sostegno americano, sembra determinato a portare avanti la sua personale guerra alla droga. Secondo le Nazioni Unite, il presidente avrebbe ridotto le colture destinate alla coca da 154.000 ettari nel 2019 a 143.000 ettari nel 2020. E il prossimo obiettivo è dimezzarle entro dal fine del 2023. Servendosi, in particolare, della fumigazione aerea, reputata dal governo più efficace: in questo modo potrebbero essere distrutti ogni giorno da 400 a 600 ettari di coca. Estensioni di terreno molto più ampie rispetto ai 170 ettari che si riuscirebbero ad eliminare manualmente.

Non è sbagliato portare avanti una campagna anti droga (seppur con metodi discutibili). È sbagliato, invece, pensare che combattere la coca in Colombia in questo modo significhi semplicemente tagliare le gambe ai grossi fornitori, alle multinazionali e alle bande di criminali. O meglio, non è solo così.

Molti agricoltori locali, impoveriti dagli ultimi accadimenti, affermano che la coca è l’unico modo per guadagnarsi da vivere, perché costerebbe di più coltivare e trasportare qualsiasi altro raccolto nelle città vicine. E non aiutano i lunghi ritardi burocratici: i finanziamenti voluti dal governo per l’istituzione di programmi alternativi alle colture di coca e l’eradicazione volontaria della coca impiegano anni ad arrivare. Come ribadiscono i gruppi in sostegno dei diritti umani ad Al-Jazeera, “tali sforzi saranno inutili se gli agricoltori nelle parti remote del paese non riceveranno un sostegno istituzionale a lungo termine dopo decenni di conflitto”.

[di Gloria Ferrari]

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