Martedì scorso, la donna alla testa del National Cyber Security Centre (NCSC) britannico, Lindy Cameron, ha fondamentalmente scaricato sulla Russia e sui Paesi a lei confinanti la responsabilità di tutti i principali attacchi ransomware subiti dal Regno Unito, ovvero i sequestri e danneggiamenti di server di aziende ed enti nazionali tramite virus seguiti da richieste di riscatto per riconsegnare il maltolto. Il giorno dopo, l’Amministrazione statunitense ha manifestato una posizione del tutto omologa, chiedendo a Vladimir Putin un intervento solerte che vada a castrare le manovre degli hacker attivi nei territori post-sovietici.
UK e USA concordano sul fatto che sia necessario risolvere questo genere di insidia passando attraverso il Cremlino, tuttavia non sembrano poi così interessati a creare un dialogo con la parte in questione. La Casa Bianca ha infatti fatto sapere che la Russia non sarà invitata a un summit promosso proprio da Washington, un summit in cui si parlerà proprio di ransomware, e Londra non ha avuto nulla da ribattere.
Si tratta di una manovra diplomatica che mira ad assicurarsi che il canale di confronto tra Russia e Stati Uniti non possa venire aperto ad altri partecipanti, così che nessuno possa effettivamente ridimensionare le richieste americane e che Putin non abbia occasione di portare avanti le sue strategie politiche. In assenza di mediatori, gli obiettivi delle due parti sembrano inconciliabili, soprattutto su piano ideologico.
Gli USA vorrebbero che gli hacker russi possano essere estradati in America, ma allo stesso tempo non sembrano propensi a riconoscere i medesimi diritti a Mosca. Dal suo, la Russia sarebbe ben contenta di assecondare le richieste giustizialiste della controparte occidentale, almeno a patto che la cosa sia subordinata a una stesura di accordi internazionali che le siano utili a imbastire il concetto di “sovranità internettiana”.
La definizione di “cybersicurezza” del Governo russo è decisamente più ampia e capillare di quella che è solitamente adottata nel gergo comune, con il risultato che un’eventuale risoluzione condivisa potrebbe giocare in suo favore, concedendole i mezzi con cui oscurare i propri avversari senza incorrere in alcun tipo di sanzioni estere. Una situazione complessa che difficilmente potrà essere risolta a parole, soprattutto perché nessuno si sta effettivamente interessando ad aprire un dialogo.
[di Walter Ferri]
è da sempre che gli satunitensi (ovvero l’international clique di hitlerianna memoria) stanno operando per applicare la loro giurisdizione a livello innternazionale… renndere la loro legge extraterritoriale… sicuramennte un giorno ce la faranno!