giovedì 21 Novembre 2024

Yemen, una petroliera abbandonata è a rischio sversamento

Nel mar Rosso, non lontano dalle coste dello Yemen, c’è una petroliera abbandonata dal 2015. Contiene 1,1 milioni di barili di greggio e si sta progressivamente corrodendo. Se lo sversamento dovesse avvenire, l’85% della pesca yemenita sarebbe a rischio, così come il commercio a causa dell’inevitabile chiusura dei porti. Inoltre, circa 10 milioni di persone potrebbero trovarsi senza acqua potabile. A lanciare l’allarme, uno studio pubblicato su Nature Sustainability. La petroliera in questione ha anche un nome: Safer. Esattamente, si trova a poco meno di 9 km dalla costa yemenita ed è lì, oltre a tenerci sulle spine, anche per ricordare quello che è stato definito uno dei peggior disastri umanitari della storia. La nave cisterna, infatti, è lasciata a se stessa nel Mar Rosso proprio come diretta conseguenza della Guerra Civile yemenita del 2015.

La possibilità di una fuoriuscita è sempre più probabile. La Safer, visibilmente in rovina – avvertono i ricercatori – è a scafo singolo, il che significa che anche una singola rottura causerà lo sversamento del combustibile direttamente in mare. Gli scienziati hanno quindi simulato come potrebbe evolvere un’eventuale fuoriuscita, nonché i suoi possibili impatti. Premesso che lo Yemen importa tra il 90 e il 97% del suo carburante e il 90% delle sue scorte di cibo, in primo luogo, la vicinanza delle petroliera ai principali porti di Hudaydah e Salif comprometterebbe il 68% degli aiuti umanitari destinati al paese. Se il greggio dovesse sversarsi, infatti, sarebbe inevitabile la loro chiusura. Pertanto, l’ingresso di rifornimenti verrebbe gravemente limitato. La fuoriuscita prevista, inoltre, minaccia anche l’approvvigionamento di acqua potabile. Il petrolio potrebbe infatti contaminare gli impianti di desalinizzazione allineati lungo la costa a nord della Safer, interrompendo così la fornitura di acqua all’intera regione.

Ma anche la pesca yemenita, da cui dipendono oltre 1,7 milioni di persone, sarebbe a rischio. Il settore ittico, fino a prima dell’inizio del conflitto, era la seconda maggiore esportazione dello Yemen. Ed ancora oggi, per un paese sull’orlo della carestia, continua a rappresentare una fonte di reddito e sicurezza alimentare. Inoltre, l’inquinamento che ne deriverebbe, minaccerebbe l’ecosistema marino, oltreché la salute pubblica. Gli sversamenti di petrolio, direttamente e indirettamente, causano infatti una serie di complicazioni, variabili dai sintomi psichiatrici a quelli respiratori. Un ulteriore fattore aggravante, in particolare, considerando le risorse insufficiente del sistema sanitario yemenita. Inutile dire poi che tale sempre più probabile fuoriuscita causerebbe un vero e proprio disastro ecologico. Già nel 2020, un altro gruppo di ricerca, aveva sottolineato come lo sversamento della Safer, se si verificasse, riverserebbe 4 volte più greggio della petroliera Exxon Valdez. Ovvero, più di quanto accaduto nel peggior disastro ambientale legato a perdite di petrolio. In questo caso a preoccupare, in particolare, è la vulnerabilità cui sono esposte le barriere coralline del Mar Rosso settentrionale e del Golfo di Aqaba: tra gli ultimi ecosistemi di questo tipo che potrebbero prosperare oltre la metà del secolo. Per scongiurare il peggio urge un coordinamento globale ma, come al solito, la politica internazionale sembra fare orecchie da mercante.

[di Simone Valeri]

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