In alcuni video pubblicati di recente sia da alcuni media che dagli stessi combattenti curdi (che da aprile sono in conflitto con le forze armate turche), si vedono grosse nuvole bianche, presumibilmente gas proveniente da armi chimiche, fuoriuscire dagli ingressi di tunnel e grotte scavati nelle montagne del nord dell’Iraq, mentre i combattenti si muovono con maschere antigas e luci. Si tratta di zone nascoste, al cui interno, in virtù della posizione “favorevole”, accadono gli scontri più violenti tra militanti locali e forze turche. Negli ultimi mesi proprio i combattenti e comandanti curdi hanno riferito con costanza che in questi luoghi la Turchia avrebbe impiegato armi chimiche nelle operazioni militari che sta conducendo, in particolare nelle regioni di Zap, Avashin e Metina che dall’aprile di quest’anno chiedono urgenti indagini internazionali.
Non è possibile, al momento, verificare con certezza che si tratti di fumo da armi chimiche, ma le vicende sollevano ancora una volta interrogativi sul presunto uso improprio di gas chimico da parte della Turchia.
È pur vero, però, che negli ultimi tempi, centinaia di abitanti del villaggio di Kanimasi sono stati portati negli ospedali più vicini a causa di problemi di salute che potrebbero essere causati dal contatto con gas chimici. Le persone ricoverate in ospedale hanno manifestato bruciore agli occhi, visione offuscata, cecità temporanea, mal di testa acuto, sangue dal naso, mancanza di respiro ed eruzioni cutanee. Di fatto, le esposizioni alle radiazioni provocano solitamente malattie acute e lungo termine, spesso mortali, ed effetti sulla salute genetici e intergenerazionali.
La dottoressa Gisela Penteker, dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, ha affermato che “Non siamo specialisti della composizione di armi chimiche, guardando quelle immagini, ovviamente, non ci sono prove. Ma ci sono molti, molti segnali che ci fanno pensare che siano usate armi chimiche, e ovviamente ci uniamo al popolo curdo nel chiedere agli organismi internazionali di dimostrarlo. Non possiamo tacere se un membro della NATO usa armi chimiche”.
La Turchia non è nuova ad accuse di questo tipo, che si susseguono nel tempo a partire dagli anni ’90, periodo in cui crebbe di molto la resistenza curda e la presa di coscienza internazionale che una questione curda c’era. In quegli anni l’esercito turco fu accusato di utilizzare armi chimiche: metodo che si aggiungeva ad altri non meno violenti e pericolosi, come torture, incendi di villaggi e spopolamento forzato.
L’intervento della comunità internazionale, però, non è servito a molto. Così come l’attenzione pubblica, che spesso si spegne nel giro di poche settimane per spostarsi altrove. Un silenzio che ha incoraggiato la Turchia a continuare a fare esattamente quello che stava facendo: violare sistematicamente gli accordi internazionali che vietano l’uso di armi chimiche. La Turchia infatti è ufficialmente membro dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) e firmataria della Convenzione sulle armi chimiche.
Invece le segnalazioni riguardo alla frequenza dell’uso di queste armi stanno aumentando negli ultimi mesi. Si parlerebbe di oltre 300 utilizzi, separati fra loro. E moltissimi altri non segnalati. Seppur non definitive, anche le prove di questi crimini internazionali stanno crescendo. Secondo resoconti dei media internazionali, diversi combattenti curdi sono rimasti uccisi dall’utilizzo di armi chimiche nel 2009, 2013 e 2017. Le testimonianze dicono che la Turchia avrebbe aumentato l’impiego di queste armi dopo aver occupato parti del nord-est della Siria (Rojava) che si erano precedentemente liberate dell’ISIS grazie ai combattenti siro-curdi e alla coalizione internazionale.
La comunità internazionale, intanto, insieme ai suoi media, ha finora mostrato poco o nessun interesse per ciò che sta accadendo. Sono pochi i paesi che fino ad ora hanno criticato la Turchia per aver occupato territori vicini utilizzando metodi illegali e con un uso della forza spropositato. Bisognerebbe che “Il personale dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche vada lì e controlli e lo dimostri, o dimostri che non è vero”, ha detto Gisela Penteker. E probabilmente il sostegno internazionale accelererebbe la ricerca della verità.
[di Gloria Ferrari]