giovedì 26 Dicembre 2024

Bastano un po’ di pressioni americane e l’Europa si rimangia la web tax

L’Unione Europea stava lavorando da tempo a una “web tax” che fosse condivisa da tutti i Paesi Membri, a una proposta che regolamentasse la tassazione Comunitaria delle Big Tech così da ridurne quanto possibile l’evasione fiscale. Ebbene, la proposta in questione è stata definitivamente mandata al macero grazie ai nuovi accordi OCSE voluti dagli Stati Uniti.

In questi giorni si è parlato con entusiasmo degli accordi internazionali che introdurranno l’ormai celebre tassa minima globale, tuttavia lati oscuri della faccenda sono spesso stati omessi dalle emittenti generaliste, forse perché non dipingono un’immagine felice dell’Unione Europea. In altre parole: mentre Washington festeggia, Bruxelles prega che la “global tax” sia solamente il primo passo di un percorso più articolato.

Un primo passo che è peraltro costato caro. Quest’estate gli USA avevano di fatto ricattato l’Europa minacciando di imporre dazi del 25% ai Paesi che avevano tassato nazionalmente i servizi digitali, Italia compresa. Successivamente, la Casa Bianca ha fatto pressioni in modo che l’UE sospendesse le discussioni relative alla web tax e che le imposte introdotte unilateralmente dai Governi venissero annullate. In cambio è stata offerta la già citata tassazione globale, la quale è però ritagliata strategicamente perché possa affliggere un numero contenuto di multinazionali (circa 100, stando alle stime Ocse).

Dai carteggi siglati emerge inoltre che il periodo di transizione verso queste nuove norme fiscali sia stato esso stesso motivo di aspre discussioni. Alla fine si è deciso che le tasse digitali volute dalle singole nazioni debbano sparire non appena verrà introdotta la tassazione globale, tuttavia «gli Stati Uniti avrebbero preferito che l’abrogazione delle Misure Unilaterali fosse immediata a partire dall’8 ottobre 2021, data in cui è stato raggiunto un accordo politico rispetto al Primo Pilastro».

Una vittoria parzialmente vanificata dal fatto che Washington abbia imposto un cavillo amministrativo che permetterà alle Big Tech di ottenere un rimborso sugli importi che eccedono le tassazioni previste dal Primo Pilastro. L’eccedenza sarà quindi detratta «dalla porzione di imposta sul reddito delle società dovuta ai sensi del Primo Pilastro rispettivamente in questi paesi».

Gli accordi raggiunti sulla tassazione globale rappresentano veramente un punto storico della diplomazia internazionale, tuttavia le dinamiche che li alimentano rischiano di mettere per l’ennesima volta in scena il bullismo sovranista degli Stati Uniti, minando ulteriormente la credibilità europea. Non resta che sperare che l’UE sappia approfittare di questa timida occasione per far sentire la propria voce.

[di Walter Ferri]

 

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