L’11 Marzo del 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha dichiarato la pandemia del SARS-CoV-2. Da quel momento i cittadini del mondo, chi più chi meno a seconda del paese di residenza, hanno visto attuare dei provvedimenti unici nella storia, nonostante questa non sia né la prima, né la più mortale delle pandemie che hanno colpito l’umanità.
Dal punto di vista scientifico, quello che mi ha fatto riflettere è stata la mancanza di dialogo all’interno della comunità degli scienziati e la stretta dipendenza di quello che viene ritenuto scientificamente valido da fattori non sempre correlabili alla salute pubblica. Per affrontare la pandemia è stata scelta una linea pressoché univoca e tutte le opinioni diverse alla retorica sono state messe in disparte. Tuttavia, le fondamenta stesse della scienza si basano sul dialogo, sul confronto e sul dibattito; la curiosità e il sano scetticismo, sono sempre stati il carburante che ha fatto muovere la scoperta e il progresso scientifico (basta pensare a Galileo Galilei). Ciononostante, durante l’ultimo anno e mezzo, a qualsiasi ricercatore dell’ambito medico-scientifico abbia avuto un punto di vista diverso nei confronti della “linea guida generale”, è stata “cucita addosso” la lettera scarlatta del nemico della salute pubblica, del cospirazionista, del no-vax ed è stato totalmente screditato. Una scienza univoca però, rischia pericolosamente di diventare sterile e condizionabile da altri fattori, piuttosto che dalla verità scientifica che dovrebbe essere un movente incondizionato per qualsiasi ricercatore, come una sorta di giuramento ad Ippocrate. Proprio in difesa della verità scientifica ho deciso di scrivere questo articolo, dato che la mia obiettività e il mio raziocinio non riescono a conciliarsi con alcuni provvedimenti.
Il periodo di validità del Green Pass
Con il D.L. n. 52 del 22 aprile 2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 87 del 17 giugno 2021, è stato introdotto l’utilizzo del Green Pass. In rispetto della lingua italiana, fornita di un vocabolario ricchissimo e bellissimo, mi piacerebbe evitare l’utilizzo del termine anglosassone, preferendo la traduzione italiana: lasciapassare verde. Probabilmente a molti non piace questo termine, perché evoca brutti ricordi dal passato; tuttavia il Green Pass è a tutti gli effetti un lasciapassare, senza il quale non si accede a lavoro, all’università, ai ristoranti, alle palestre, ecc. Comunque, per correttezza lessicale utilizzerò la nomenclatura ufficiale riportata nel D.L., e cioè Certificazione Verde (CV).
Questo provvedimento ha suscitato numerose obiezioni dal punto di vista del diritto civile, della bioetica e dell’uguaglianza sociale, tuttavia, non essendo questi i miei settori di ricerca, mi limiterò a parlare di studi scientifici. Potrei cercare di analizzare l’utilità generale della CV come strategia per affrontare la pandemia, i motivi che hanno spinto paesi come la Norvegia o la Danimarca ad abolirla e paesi come la Svezia a non adottarla mai, ma preferisco focalizzarmi su un argomento specifico. Alcune volte infatti, quando si vuole demolire un muro, bisogna battere sui mattoni più deboli e barcollanti per riuscire a fare breccia. Di questi tempi bisogna prestare particolare attenzione a cosa si afferma, perché basta una singola parola non ponderata per rischiare di passare da no-vax e venire immediatamente screditati dall’apparato di diffamazione. Dunque, visto che nel mio lavoro bisogna sempre citare dati affidabili che provengano da ricerche pubblicate su riviste scientifiche peer-reviewed (termine che indica una valutazione paritaria effettuata da parte di esperti del settore), ho intenzione di utilizzare questa forma.
Discriminazione tra vaccinati e soggetti guariti
La CV in seguito a vaccinazione ha validità di un anno, mentre in seguito a guarigione ha validità di sei mesi. Questa decisione equivale a considerare due volte più efficace l’immunità fornita dalla vaccinazione rispetto a quella naturale. In parole povere, Pfizer, Moderna, AstraZeneca e J&J (le quattro aziende produttrici dei vaccini disponibili al momento in Italia) sarebbero più brave ad immunizzarci rispetto ad un meccanismo che si è sviluppato in circa 600 milioni di anni di evoluzione [1] [2].
Qualcuno potrebbe controbattere che il progresso ha fatto salti da gigante; tuttavia le ultime ricerche scientifiche confermano ciò che chiunque conosca l’immunologia, l’epidemiologia, la microbiologia o la biologia molecolare sapeva prima ancora che i vaccini contro il covid-19 venissero somministrati su scala mondiale. Attenzione. questo non è un discorso sulla validità dei vaccini in generale, ma un discorso che mette a confronto l’immunità acquisita naturalmente con quella indotta dalla vaccinazione contro un virus a RNA con le caratteristiche replicative del SARS-CoV-2. I quattro vaccini sopracitati, sia quelli a vettore virale (prodotti da AstraZeneca e J&J), sia quelli a mRNA (prodotti da Pfizer e Moderna) inducono la formazione di anticorpi diretti contro la proteina Spike del capside virale del SARS-CoV-2 [3]; mentre l’immunità naturale, venendo a contatto con l’intero virus, produce anticorpi diretti anche contro altre proteine che lo compongono [4]. Di conseguenza, se in seguito ad una mutazione genetica la sequenza amminoacidica della proteina Spike cambia, compromettendo il legame degli anticorpi indotti dalla vaccinazione [5], l’immunità naturale può contare su un ventaglio di immunoglobuline dirette contro epitopi diversi della proteina Spike [6] [7], ma anche contro altre proteine del virus [4]. L’efficacia superiore dell’immunità naturale rispetto a quella indotta dai vaccini è stata confermata dalla realtà clinica.
Gli studi di implementazione nel mondo reale
Purtroppo, quando i vaccini anti covid-19 sono stati somministrati su scala mondiale, hanno dimostrato un efficacia diversa rispetto a quella dei trials iniziali, durante i quali il BNT162b2 della Pfizer per esempio, aveva mostrato un’efficacia del 95% [8]. Un report del Ministero della Salute israeliano ha riportato che l’efficacia del vaccino contro la variante Delta scende al 39% nel prevenire l’infezione, e al 41% nel prevenire la comparsa di infezioni sintomatiche, mantenendo comunque un’efficacia dell’88% nel prevenire l’ospedalizzazione e del 91% nel prevenire il decesso [9]. Uno studio effettuato sempre in Israele su soggetti vaccinati con due dosi del vaccino della Pfizer, ha evidenziato una diminuzione sostanziale della risposta umorale sei mesi dopo la vaccinazione, specialmente in soggetti maschi superiori ai 65 anni [10]. Analogamente, uno studio svolto in Qatar, ha dimostrato che l’efficacia del vaccino della Pfizer diminuisce al 20% tra il quinto e il settimo mese dopo la seconda dose, mantenendo tuttavia la protezione contro il rischio di ospedalizzazione e decesso oltre il 90% durante questo arco temporale [11].
Tramite un commentario pubblicato sulla rivista The Lancet Microbe, alcuni ricercatori hanno cercato di spiegare la ragione della differenza di efficacia tra i trials iniziali e quella riscontrata quando i vaccini hanno incontrato il mondo reale. Gli autori spiegano che per determinare l’efficacia nei trials iniziali è stato considerato il parametro della riduzione del rischio relativo (RRR), che ammonta a 95% per Pfizer, 94% per Moderna, 67% per AstraZeneca e J&J. Tuttavia, non è stato considerato il parametro della riduzione del rischio assoluto (ARR), che ammonta a 1.3% per AstraZeneca, 1.2% per Moderna e J&J e 0.84% per Pfizer. Attenzione. Le percentuali di ARR non vanno assolutamente confuse con l’efficacia dei vaccini, ma sono un parametro statistico utile per avere una visione più completa dell’efficacia reale, dato che come spiegano gli autori, utilizzando solo il parametro RRR si introduce un bias (distorsione).
I dati sull’immunità naturale
Per quanto riguarda l’immunità naturale invece, uno studio svolto in Francia ha dimostrato che pazienti guariti dal covid-19 continuavano ad avere anticorpi circolanti 13 mesi dopo l’infezione e presentavano un rischio diminuito del 96.7% di contrarre nuovamente il virus [12]. Uno studio finanziato dall’Istituto Nazionale della Sanità americano (NIH) e uno studio dell’università del Texas, hanno dimostrato che i soggetti guariti possiedono anticorpi pluripotenti i quali sono in grado di riconoscere epitopi diversi della proteina Spike, dimostrandosi efficaci anche contro varianti virali [6] [7]. Un ulteriore studio ha dimostrato che i pazienti guariti possiedono anticorpi specifici anche per altre proteine del virus, come la proteina N [4]. Non c’è dunque da meravigliarsi se uno studio israeliano (ancora in fase di validazione), condotto analizzando dati provenienti da 673.676 persone, ha dimostrato che i soggetti vaccinati hanno 13 volte più probabilità di contrarre la variante Delta e 7 volte più probabilità di sviluppare infezione sintomatica, rispetto a soggetti precedentemente guariti [13]. Ci sono evidenze che anche i soggetti con infezione asintomatica hanno sviluppato un’immunità altrettanto funzionale [14].
È corretto sottolineare che tutti gli studi sopracitati concludono unanimemente che la vaccinazione rimane un’importante strategia per combattere il covid-19, efficace nel ridurre il rischio di ospedalizzazione e decesso.
Epilogo
Ci sono evidenze a sufficienza che dimostrano come l’immunità naturale, sia più efficace nel diminuire il rischio d’infezione, ospedalizzazione e decesso per un periodo di tempo superiore rispetto alla vaccinazione. Attenzione. Ciò non significa assolutamente che bisogna perseguire l’infezione per ottenere l’immunità naturale; una tale azione sprovveduta potrebbe avere sviluppi imprevedibili, specialmente in soggetti con comorbilità. Resta il fatto che non esiste alcuna ragione logica e scientificamente valida che giustifichi la durata di soli sei mesi della CV per i soggetti guariti, dal momento che i dati indicano un’efficacia maggiore e più duratura dell’immunità naturale.
Trascorsi i sei mesi, i soggetti guariti si devono sottoporre ad una dose del vaccino per prolungare la validità della CV. Questa strategia toglie una dose ad un soggetto che potrebbe averne reale bisogno, per darla ad una persona già immunizzata. Inoltre, i risultati di due studi di farmacovigilanza hanno indicato che i soggetti con immunità naturale presentano un tasso di rischio più elevato di manifestare reazioni avverse gravi in seguito alla vaccinazione, a causa di reazioni iperimmuni e di effetti di immunogenicità [15] [16]. Anche questo non dovrebbe essere un concetto nuovo per chi conosce veramente l’immunologia e non è da rimandare al prossimo appello d’esame. Per concludere, spero vivamente che il fatto che soggetti vaccinati da pochi mesi possono sviluppare infezione sintomatica, non sia dovuto alla presenza di anticorpi non-neutralizzanti, che potrebbero causare fenomeni di potenziamento anticorpo-dipendente (ADE), riscontrati negli studi precedenti su SARS-CoV e MERS-CoV [17].
I mass media non presenterebbero facilmente i risultati degli studi che ho riportato in questo articolo. Difatti, qualsiasi cosa possa interferire con la campagna vaccinale viene offuscata: non si può toccare argomenti come efficacia, effetti collaterali e terapie alternative. Tuttavia, l’obbiettività scientifica dev’essere salvaguardata. Un matematico ad esempio, ha l’obbligo scientifico e morale di continuare a sostenere che la somma di 1+1=2, anche se tale risultato potrebbe non essere gradito alla retorica del momento.
Chiunque volesse provare a screditare la validità di questo articolo è invitato al sano confronto scientifico e soprattutto dovrà riuscire a confutare i risultati degli studi citati.
[di Panagis Polykretis – Biologo, PhD in Biologia Strutturale]
Inutile ricercare conclusioni logiche di tipo scientifico,
la logica qui è una sola, quella della corruzione globale generalizzata:
“sono un virologo scarso e frustrato senza alcuna possibilità di successo,
pagami e potrò affermare ciò che desideri,
anche cose assolutamente antiscientifiche,
non mi costa nulla, sono un nulla”.
Qui i dati che descrivono l’assoluta necessità di vaccinare i bambini sotto i 15 anni:
Somma dei morti nei mesi maggio-giugno-luglio-agosto per la fascia di eta 0-14 anni per i diversi anni (Italia-dati ISTAT):
2011 – 831 morti – ranking 2
2012 – 837 morti – ranking 1 (anno con maggior mortalità)
2013 – 770 morti – ranking 3
2014 – 708 morti – ranking 5
2015 – 702 morti – ranking 6
2016 – 744 morti – ranking 4
2017 – 650 morti – ranking 8
2018 – 675 morti – ranking 7
2019 – 558 morti – ranking 9
2020 – 505 morti – ranking 10
2021 – 457 morti – ranking 11 (anno con minore mortalità)
come si nota dai numeri c’e’ assoluta necessità di introdurre la vaccinazione per la fascia di età 0-14 anni
Bellissimo e importantissimo arrticolo.
Davvero complimenti alla redazione.
Finalmente uno sprazzo di verità sulla menzogna che ci sommergono ogni giorno.
Una delle assurdità è che moltissimi sanitari guaritidal Covid, e quindi con un a immnuità solidissima, sono stati sospesi.
Il risultato è che il sistema sanitario funziona sempre peggio con danni incalcolabili alla salute di moltissimi malati.
Per contro, tra il personale in servizio completamente vacinato, si stanno sempre più frequentemente verificando infezioni, anche perchè la vaccinazione viene considerata erroneamente (e contro l’evidenza scientifica e fattuale) garanzia di immunità.
In questa situazione drammatica la propaganda di regime addossa la responsabilità ai “novax” indicati come capro espiatorio per ogni cosa, alimentando odio e discriminazione.
in Austria ti danno il GP se hai gli anticorpi alti credo per 3 mesi e poi rifai il test….
A mio marito, due medici, in circostanze e momenti diversi, hanno detto che gli anticorpi sviluppati da vaccino sono più efficaci di quelli sviluppati naturalmente e che non ha nessun senso nemmeno fare l’esame per la ricerca degli anticorpi… poi si chiedono perché sono sempre più scettica nei confronti di tutta la categoria…