Nasce un’area protetta di 2000 chilometri quadrati in Mauritania per proteggere la biodiversità dell’Occhio del Sahara. L’avanzare della desertificazione, infatti, ha messo a rischio gli ecosistemi e ha portato all’estinzione numerose specie animali. Per rimediare a tutto ciò, verrà costituita la Grande Muraglia Verde, un corridoio naturale che si estenderà per 8mila chilometri, toccherà 11 paesi – compresa la Mauritania – e vedrà la piantumazione di nuovi alberi. Un progetto per combattere la siccità con il ripristino dei terreni degradati: verranno salvati oltre 100milioni di ettari di terreno i quali – si stima – saranno in grado di assorbire 250 milioni di tonnellate di carbonio.
Il progetto della Grande Muraglia Verde, chiamato Integrated Management of Protected Areas in the Arid Regions of Mauritania (IMPADRA), verrà attuato dall’United Nations Environment Programme (Unep) e sostenuto dal Global Environment Facility (GEF), e creerà una nuova area protetta nel distretto di Adrar, un ex crocevia medievale per il commercio di sale e datteri, caratterizzato da suggestivi paesaggi desertici e storiche città fortificate, dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, quali Chinguetti e Ouadane. La gigantesca zona preservata comprenderà anche “l’Occhio del Sahara” (il Guelb er Richat), una massa terrestre caratterizzata da cerchi concentrici blu e oro. Un tempo si pensava fosse un cratere formatosi a causa dell’impatto di un meteorite, ma oggi viene considerato ciò che resta di una cupola magmatica erosa. L’Occhio del Sahara è un sito di enorme importanza culturale, geologica e ambientale – anche a livello globale -, rifugio di tanti animali, tra cui il muflone del deserto e altre rare specie comprese nella Lista Rossa IUCN – il più completo inventario delle specie a rischio estinzione a livello globale – come l’Addax (o antilope dalle corna a vite) e la gazzella dama. All’altra estremità della nuova area protetta ci sarà El Ghallâouîya , fonte di acqua permanente, indispensabile per i pastori nomadi e numerosi uccelli e animali, alcuni appartenenti a specie vulnerabili.
Le aspettative per il progetto sono altissime soprattutto perché, grazie a questo, avverrà il ripristino di un’area afflitta dal cambiamento climatico che, una volta rimessa in sesto, diverrà fonte vitale per numerose comunità nomadi indigene le quali, da anni, combattono incessanti crisi alimentari e nutrizionali.
[di Eugenia Greco]