Mario Venditti, coordinatore delle indagini sulla morte di Youns el Boussettaoui per mano dell’assessore leghista Massimo Adriatici, ha presenziato ad un convegno della Lega nel 2020, poco prima delle elezioni amministrative. All’incontro interviene l’eurodeputato Angelo Ciocca, che il giorno dopo l’assassinio di Youns parlerà di «chiaro episodio di legittima difesa». L’episodio, riportato in una inchiesta, è forse sconveniente ma non grave per un magistrato. Tuttavia, collocato nel contesto dell’indagine per l’omicidio di Youns, costituisce un fattore equivoco che va ad aggiungersi alla già lunga lista di punti poco chiari nelle indagini. Tra questi, l’insistenza della procura per l’imputazione di eccesso colposo di legittima difesa anziché di omicidio volontario, nonostante elementi quali il pedinamento di el Boussettaoui da parte di Adriatici e l’uso di proiettili ad espansione sembrino suggerire una dinamica di tutt’altro tipo.
I fatti risalgono alla fine di luglio scorso, quando l’assessore leghista di Voghera Massimo Adriatici ha sparato a Youns el Boussettaoui un colpo di pistola in pieno petto, dopo una lite di fronte a un bar. Adriatici affermerà che il colpo è stato esploso accidentalmente nel corso della colluttazione e rimarrà saldo su questa posizione. Le indagini svolte, però, acquisiscono sin dall’inizio delle sfumature poco chiare.
L’autopsia viene effettuata in tempi record, entro dodici ore dai fatti, senza che né la famiglia né gli avvocati di el Boussettaoui ne venissero informati e fossero presenti, come invece richiesto dalla procedura. Debora Piazza, già difensore d’ufficio del trentanovenne marocchino, ha appreso dell’omicidio dai giornali. Il capo d’imputazione, che inizialmente sembrava essere di omicidio volontario, viene convertito dopo pochi giorni in eccesso colposo di legittima difesa dal pm, senza che la dinamica dei fatti fosse ancora del tutto chiara. Le registrazioni delle telecamere di sorveglianza puntate su piazza Meardi, poi, mostrano Adriatici pedinare el Boussettaoui prima della colluttazione, fatto ad ora non preso in considerazione dai pm.
In uno dei video, che ritrae i momenti immediatamente successivi ai fatti, si sente Adriatici chiedere a uno dei testimoni “Hai visto che ha fatto per darmi un calcio in testa? L’importante è quello, che hai visto che stava dandomi un calcio in testa”. Un fatto assolutamente fuori da ogni procedura: i carabinieri sono già presenti sul luogo, ma l’omicida viene lasciato aggirarsi sulla piazza e parlare con i testimoni. Nel video si possono ancora udire i lamenti di el Boussettaoui, che morirà poco dopo in ospedale. Adriatici viene poi prelevato dalla scena del crimine quasi un’ora dopo per essere interrogato. A coronare il tutto vi è il fatto che la pistola dell’assessore fosse caricata con proiettili espansivi, vietati in Italia per la difesa personale proprio in ragione dell’estremo danno che possono causare: la procura non ha tuttavia ancora preso in considerazione questo fatto, insistendo con l’imputazione di eccesso di legittima difesa.
Al netto di tutto questo, oggi Adriatici è un uomo libero, dopo aver scontato appena tre mesi ai domiciliari. Proprio per questo motivo Nicola Fratoianni, segretario regionale di Sinistra Italiana, ha presentato alla ministra della Giustizia Cartabia un’interrogazione parlamentare circa i troppi dubbi che riguardano la regolarità delle indagini. Resta da chiedersi quanto, in una partita giocata a ruoli invertiti, le Forze dell’Ordine e la procura si sarebbero dimostrate tanto garantiste nei confronti di un giovane immigrato che avesse “accidentalmente sparato” ad un assessore, uccidendolo per “legittima difesa”.
[di Valeria Casolaro]