venerdì 22 Novembre 2024

Emergenza climatica: la transizione necessaria e il gioco delle élite globali

La prima conferenza globale sul clima si tenne nel lontano 1979. La convenzione quadro dell’Onu per contrastare il surriscaldamento globale e contenere le emissioni fu firmata il 4 giugno 1992. Molti studi scientifici che provano l’ineluttabilità della questione ecologica e climatica erano già disponibili e conosciuti. Per decenni si è scelto di non fare nulla: i governi hanno disatteso gli accordi da loro stessi firmati, le multinazionali del petrolio hanno speso miliardi per organizzare conferenze, pagare i media e fare lobby sui governi affinché nulla cambiasse. Poi, di colpo, l’inversione di marcia, repentina e totale. I leader mondiali invitano Greta Thunberg apposta per farsi insultare, come fosse un rito di espiazione. Il sito internet del World Economic Forum – la “confindustria delle multinazionali” – somiglia a un blog ecologista. Le Big Oil non negano più l’emergenza ed anzi si convertono alla comunicazione sostenibile (leggasi greenwashing) per accreditarsi come partner perfetti per risolvere il problema che esse stesse hanno generato. L’emergenza climatica domina le prime pagine dei giornali dopo essere stata relegata ad una colonna in trentesima pagina per decenni.

Ovvio che di fronte a questo panorama i dubbi nella mente di tanti si affollino. Non è che ci stanno prendendo in giro? Forse questa transizione ecologica è tutto un gioco delle élite globali? Ma poi il clima non è sempre cambiato?

A queste ed altre domande abbiamo cercato di rispondere in questo nuovo numero del Monthly Report. Un piccolo riassunto. Sì: la crisi climatica è un problema reale e occorre fare qualcosa al più presto. Sì: ci stanno anche prendendo in giro. Tutti quanti, governi, World Economic Forum e Big Oil.

La tattica è ormai collaudatissima: i media fanno il lavoro sporco, preparando l’opinione pubblica ad accettare la questione climatica come un’emergenza non più rinviabile, senza perdere tempo in discussioni e ragionamenti. Bisogna agire con logica commissariale, a colpi di decreti, con piena e indiscutibile fiducia nei governi e nelle multinazionali del settore. Abituiamoci all’idea di avere un generale Figliuolo alla Transizione. Il fine è quello di risolvere l’emergenza nel modo desiderato dalle élite. Il disegno è stato ampiamente tratteggiato alla recente Cop26 dal cui palco si sono alternati leader politici e multimiliardari giunti a bordo di ultra impattanti jet privati: investimenti di miliardi pubblici serviranno a trasformare progetti climatici estremamente necessari in investimenti redditizi, facendo sì che il pubblico si assuma il rischio finanziario che le aziende private non sono disposte a correre per salvare il mondo. Il vero obiettivo della transizione ecologica pianificata è quello di generare elevati rendimenti dalle attività a minori emissioni. È questa l’anima green di quella che le élite chiamano Quarta rivoluzione industriale. Cucinare una nuova torta miliardaria, pagata dagli Stati e quindi dai cittadini, le cui fette saranno spartite dai soliti colossi del capitalismo finanziario ed estrattivo.

Di fronte a questo disegno le élite e i grandi media che si occupano della loro propaganda si stanno già occupando di dividere la plebe per poterla meglio governare: da una parte quelli che ci credono e sono pronti ad accettare quanto sarà stabilito senza fiatare, dall’altra quelli da bollare come “negazionisti” pronti a credere per reazione ad ogni contro-narrazione, fossero anche bugie comprovate tipo l’inesistenza del problema climatico. Prima che sia troppo tardi proviamo a costruire una soluzione dal basso. Quella che desideriamo tutti è probabilmente la stessa: città con un’aria respirabile, mari dove poter continuare a bagnarsi, un pianeta abitabile e sano da consegnare alla prossime generazioni. Una transizione ecologica è necessaria. Ma deve essere al servizio del 99% della popolazione mondiale e non del solito 1%. Per questo occorre mobilitarsi.

Il mensile, in formato PDF, può essere scaricato dagli abbonati a questo link: lindipendente.online/monthly-report/

[di Andrea Legni]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

Comments are closed.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria