In Nord Africa in questi giorni c’è una pericolosa situazione pronta ad esplodere: la tensione è di nuovo molto alta tra Marocco e Algeria, sulla questione del controllo dei territori nel Sahara Occidentale. Si tratta di zone ricche di fonti energetiche, motivo per cui da anni gli analisti consigliano di non abbassare mai la guardia. Soprattutto adesso.
L’ultima scintilla che ha nuovamente alimentato il fuoco vivo sotto le ceneri è stata l’uccisione di tre autotrasportatori algerini. Gli uomini viaggiavano dalla capitale della Mauritania, Nouakchott, diretti alla città algerina di Ouargla, lungo un tratto del Sahara occidentale da sempre oggetto di forti tensioni tra le nazioni.
Per le autorità algerine non ci sono dubbi: i camion sono stati bombardati da forze marocchine. “È un attacco barbaro che non rimarrà impunito”, dice l’ufficio presidenziale di Algeri. Non solo. Il paese ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con il Marocco e vietare ai suoi mezzi aerei di attraversare lo spazio algerino. Ma la decisione più importante è stata quella che riguarda proprio il mese di novembre: periodo a partire dal quale i rubinetti del Gasdotto Maghreb-Europa (Gme), che passa in territorio marocchino, sono stati totalmente chiusi.
Le ripercussioni di un’azione così forte come questa toccano anche la Spagna. Secondo i dati di Enagas, l’Algeria quest’anno ha fornito il 47% del gas importato dalla Spagna: 15 miliardi di metri cubi, più della metà dei quali provenienti proprio da quel gasdotto che attraversa il Marocco. Oltre alla rivalità con il Marocco, quindi, pare che l’Algeria voglia dare un chiaro segnale all’Europa, e non solo attraverso le sue risorse energetiche. Una nuova guerra e l’inasprirsi della crisi economica già in corso porterebbe (e sta già portando) centinaia di migranti a mettersi in viaggio, clandestinamente, verso l’Europa. Negli ultimi mesi, infatti, la Spagna ha assistito a tantissimi arrivi provenienti principalmente dall’Algeria. Ed è solo l’inizio.
Anche se pare che al momento il Marocco abbia scelto la via della diplomazia, la corsa agli armamenti, da parte di entrambi i paesi, sembrerebbe raccontare il contrario. L’Algeria si è dotata fin da subito di droni e altri strumenti per la sorveglianza aerea, prima ancora che lo facessero molte altre nazioni. Anche il Marocco tenta di rimanere “al passo con i tempi”. Solo nel 2020 ha ordinato quattro droni MQ-9B Reaper. Ma già nel 2019 si era rivolto alla Turchia per acquisire 12 droni d’attacco Bayraktar TB2 in grado di trasportare missili. Per non parlare di tutta la merce acquistata da Israele nel corso degli anni.
Per tutti questi motivi il Sahara occidentale è una zona molto delicata. Geograficamente controllata per l’80% dal Marocco, è una regione che fa gola a molti perché ricca di fosfati e vicina alle ricche acque dell’Atlantico. Ma ospita da anni molti conflitti. Tra questi, quello del Fronte Polisario, l’organizzazione fondata nel maggio 1973 che lotta per la liberazione nazionale del Sahara occidentale, rappresentando anche il volere del popolo saharawi. L’Algeria non ha mai negato aiuto e ospitalità a ribelli e rifugiati.
Conflitti che, seppur esistenti da anni, riemergono sempre nell’attualità perché figli di quel colonialismo che ha lasciato dubbi, incertezze e zone di confine poco chiare. E che continua indirettamente ad oscurare la dignità e l’indipendenza di tantissime popolazioni locali in virtù degli interessi derivanti dalle zone che occupano. Come il caso del Marocco, per il quale concedere l’indipendenza al popolo saharawi significherebbe perdere grossi traffici economici.
Al momento, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto a Marocco e Algeria di confrontarsi dialogando, per stemperare la tensione. Tuttavia non è possibile prevedere la portata della crisi: rimarrà una questione più o meno interna o interverranno gli alleati?
[di Gloria Ferrari]