Lontano dallo sguardo dei più, si sta tenendo una corsa all’oro in salsa digitale: da che Facebook – ormai Meta – ha annunciato di voler puntare tutto sul cosiddetto Metaverse, lo spazio virtuale è divenuto un vero e proprio Klondike in cui gli investitori accorrono per ottenere il possesso di risorse confidando che queste possano un giorno fruttare grandi ritorni economici.
Si tratta di un approccio al virtuale che è ormai consolidato da tempo, ma la cui portata si sta ingigantendo man mano che la febbre per il digitale si impossessa dell’immaginario pubblico. Lo dimostrano i dati pubblicati da DappRadar, portale che arriva a stimare che nella scorsa settimana il mercato dei terreni virtuali abbia smosso qualcosa come 100 milioni di dollari sui soli The Sandbox, Decentraland, CryptoVoxels e Somnium Space.
Non stiamo parlando necessariamente di piccoli investitori in ricerca di facili guadagni. Tra chi mette le mani sui terreni “meta” compaiono infatti vere e proprie agenzie immobiliari virtuali che acquistano lotti di dimensioni notevoli nell’ottica di scommettere su un loro aumento di valore nel prossimo futuro. Un esempio di questa tendenza ci viene fornito dal The Metaverse Group, una società che nell’ultimo periodo ha riscattato 500 metri quadrati digitali sulla già citata piattaforma virtuale Decentraland, una transazione che da sola ha mosso 2,43 milioni di dollari.
L’idea che uno spazio online – pertanto potenzialmente privo di confini – sia suddiviso e ceduto in sezioni geografiche la dice lunga sulla nostra scarsa capacità di adattamento informatico, tuttavia proprio questa iperbanalizzazione delle risorse internettiane riesce a fare facilmente breccia nella fantasia di coloro che confidano di diventare dei latifondisti 4.0, soprattutto in un’era in cui Meta, Microsoft e Nike hanno esplicitamente annunciato che il metaverse sia il futuro.
Sostenere che il fenomeno sia unicamente condizionato da fattori finanziari sarebbe tuttavia riduttivo. In molti casi l’assalto agli ettari digitali è condizionato da una forma di disillusione nei confronti delle possibilità offerte dal mondo fattuale, in altri ancora manifesta un più concreto desiderio di autoaffermazione, se non di autodeterminazione individualista. Earth 2, per esempio, cavalca la moda dei NFT suddividendo l’intero globo in lotti che acquisiscono un qualche valore monetario solamente quando processati nel mercato interno, cosa che a sua volta promuove uno schema piramidale in cui i primi investitori sono pronti a fare di tutto per promuovere il successo del progetto nell’ottica di preservare una posizione elitaria.
Ancora più eclatante è l’esempio di Chronicles of Elyria, videogame medievaleggiante online finanziato tramite crowdfunding che, considerando la piega che sta prendendo il suo sviluppo, probabilmente non verrà mai realizzato. In questo caso il ritorno economico offerto agli utenti era nullo sin da subito, tuttavia molteplici persone hanno offerto agli sviluppatori decine di migliaia di dollari per avere il privilegio di riscattare terreni e regni, nonché un titolo nobiliare da poter esibire nel loro dominio digitale. Un vezzo puramente ludico e sociale.
Se voleste ad ogni modo approcciarvi alla speculazione in salsa metaverse, non possiamo che girarvi la raccomandazione che riecheggia sul web: non investite più di quanto non siate disposti a perdere. Pur glissando sulle insidie proprie al mercato delle criptovalute, il metaverse è tutto meno che definito, diverse aziende stanno lottando per imporre la dominanza di un format che vada a plasmare una realtà che è correntemente ineffabile. Gli esorbitanti ritorni sono quindi condizionati dall’alto rischio dell’investimento e ci sono concrete possibilità che molti scommettitori finiscano con il vivere sulla propria pelle l’esperienza patita dai produttori di LaserDisc negli anni Ottanta, quando il formato VHS ha conquistato il mondo.
[di Walter Ferri]