Per la prima volta, in 50 anni, sono state avvistate le impronte di zampe di una tigre siberiana nel distretto più grande della Russia, Yakutia. A trovare le tracce del grande felino è stato Viktor Nikiforov, dirigente della fondazione di beneficenza Tigrus, il quale ha specificato che le impronte delle tigri sono state individuate sulla riva dell’affluente destro dell’Aldan, nella parte sud orientale di Yakutia. L’avvistamento è un significativo segnale che i grandi felini si stanno riprendendo, dopo essere stati spinti sull’orlo dell’estinzione. Verso la metà del ‘900, infatti, la caccia e la successiva urbanizzazione della Siberia – con la costruzione di infrastrutture e l’estrazione del petrolio -, hanno comportato una quasi totale eliminazione della specie. Oggi, invece, nell’estremo oriente russo vivono circa 600 esemplari (il 95% della popolazione mondiale), quasi il doppio dei 330 individuati nel 2005.
Secondo Viktor Nikiforov, l’ingresso delle tigri dell’Amur – le quali solitamente vivono nel massiccio montuoso costiero del Sichoté-Alin’ (patrimonio dell’umanità UNESCO) – si deve al progetto Northern Tiger attuato nel territorio di Khabarovsk, con la creazione di un nuovo parco nazionale di 429.000 ettari, e lo stanziamento di fondi da parte della Fondazione Tigrus per la preservazione del gruppo di felini più settentrionale del mondo. Il fatto che questi siano riusciti ad arrivare nello Yakutia dove, considerata la mancanza di foreste decidue e cinghiali, non c’è molto cibo a disposizione, è importante: il numero degli esemplari nelle zone più nordiche non è più eccessivamente basso. Fatto analogo in Nepal, dove il divieto di bracconaggio e i conseguenti controlli con pattugliamenti effettuati tramite militari, droni e telecamere di sorveglianza, ha comportato un aumento degli esemplari: delle 121 tigri rilevate nel 2010, oggi se ne contano circa 240 nei parchi nazionali e nelle aree protette limitrofe.
[di Eugenia Greco]