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“Basta bugie sulle etichette”: l’inganno della legge italiana sul benessere animale

I prodotti provenienti dagli allevamenti intensivi di suini, dove viene praticato il taglio sistematico della coda agli animali e dove le scrofe vivono in gabbia, potrebbero essere etichettati in Italia come “benessere animale”: è quanto si apprende da Essere Animali [1], che insieme ad oltre 10 associazioni animaliste, ambientaliste e dei consumatori ha lanciato una campagna contro le «bugie in etichetta» con cui chiede di «rivedere lo schema di decreto e gli standard per la certificazione di benessere animale dei prodotti suinicoli italiani». Il metodo di certificazione in questione sta infatti per essere votato in Conferenza Stato-Regioni, il che darà attuazione al Sistema di qualità nazionale per il benessere animale istituito tramite l’articolo 224 bis [2] del cosiddetto Decreto Rilancio.

Tale sistema è stato portato avanti dai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, motivo per cui le associazioni si rivolgono al ministro della Salute Roberto Speranza (responsabile per il benessere animale) ed a quello delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli (responsabile della qualità del Made in Italy) chiedendo di modificare l’attuale schema di decreto e di non far approdare al voto in Conferenza Stato-Regioni gli standard per la certificazione suinicola. Si tratta di un sistema che prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettino standard superiori ai requisiti di legge ma che – sostengono le associazioni – «non comunica in modo trasparente e accessibile quali siano gli standard di maggior tutela in termini di benessere animale» e che dunque «si riduce a uno strumento di disinformazione».

La certificazione da votare, inoltre, non solo sarebbe in contrasto con la direttiva europea [3] sulla protezione dei suini, ma garantirebbe anche priorità di accesso ai fondi PAC (Politica Agricola Comune) e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che però non sarebbero utilizzati per stimolare un’agricoltura e un sistema alimentare più sostenibile, così come richiesto dall’Unione europea, in quanto verrebbero favoriti gli allevamenti intensivi.

Secondo le associazioni tutto ciò costituirebbe quindi un «vero e proprio raggiro nei confronti dei consumatori e un grave danno nei confronti degli animali», ed è proprio per questo che esse invitano anche i cittadini ad esprimere il loro dissenso chiedendo al ministro della Salute ed al ministro delle Politiche Agricole «una legge e degli standard più giusti e trasparenti». Per farlo, è stato organizzato un “Tweetstorm” [4]: sono in pratica state create 10 frasi critiche a riguardo che ognuno potrà copiare e pubblicare sul proprio profilo Twitter così da dimostrare che sono tanti i cittadini italiani contrari a questo sistema di etichettatura.

[di Raffaele De Luca]