É successo di nuovo: un Governo si lamenta che i satelliti della rete Starlink di SpaceX siano piazzati e gestiti in maniera eccessivamente incontrollata. Questa volta, a denunciare la situazione orbitale non sono stati lo European Space Agency (ESA) o la National Aeronautics and Space Administration (NASA), bensì Beijing, cosa che ha scatenato un incidente diplomatico che trascende i confini terrestri.
La Cina ha infatti segnalato via un documento presentato alle Nazioni Unite che gli strumenti di Starlink abbiano incrociato pericolosamente la traiettoria della Tiangong Space Station almeno in due distinte occasioni, il primo luglio e il 21 ottobre. La vicinanza tra la sonda e la stazione spaziale è stata tale da richiedere manovre di sicurezza che modificassero il posizionamento del laboratorio, manovre in tutto e per tutto affini a quelle che più volte le altre agenzie spaziali hanno dovuto portare avanti per risolvere le complessità legate a Starlink.
Tecnici e Amministrazioni digrignano i denti contro contro SpaceX, azienda guidata dal miliardario Elon Musk che sarebbe colpevole non solo di aver spedito in orbita un numero impressionante di satelliti, ma anche di trattare con negligenza i casi di possibili collisioni tra corpi celesti artificiali. In diverse situazioni, i Governi hanno segnalato a più riprese che le manovre di sicurezza in caso di pericolo siano state portate avanti unilateralmente, senza che SpaceX offrisse una vera e propria collaborazione. Considerando che stiamo parlando di un’azienda che non si è fatta problemi a violare le licenze della Federal Aviation Administration (FAA) pur di portare avanti i propri interessi, non è difficile credere che l’inefficienza della collaborazione del progetto Starlink possa essere sistematica e volontaria, pensata per risparmiare risorse a discapito della salvaguardia altrui.
La Cina non si è però accontentata di prendersela con Musk. Anzi, la nazione si è disinteressata dell’uomo per lanciarsi direttamente alla giugulare degli Stati Uniti. Lo ha fatto chiedendo alle Nazioni Unite di imporre agli USA la responsabilità della mala gestione di SpaceX, una responsabilità che sarebbe peraltro confermata dai contenuti del trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967. Secondo il documento, particolarmente obsoleto e del tutto inadatto a risolvere le sfide contemporanee, le attività degli enti non-governativi (Spacex, per esempio) devono essere supervisionate e autorizzate dallo Stato di appartenenza della ditta stessa. Se Musk rischia di far danno, insomma, la colpa è di Washington, la quale gli ha permesso di allargarsi in maniera incontrollata e di agire senza alcun controllo.
Starlink, per inciso, ha spedito in orbita quasi 1.900 satelliti. Alcuni di questi sono già in disuso, tuttavia il loro piazzamento invasivo è stato più volte al centro delle manifestazioni di irritazione da parte degli scienziati del settore. In tal senso, Elon Musk ha liquidato questo genere di dibattiti rassicurando l’ESA sul fatto che lo spazio sia “estremamente enorme”, tacitamente suggerendo che ci sia molto campo di manovra per soddisfare le ambizioni di SpaceX. Da notare che una simile spavalderia manageriale non stata però replicata nei confronti della Cina, Paese che il miliardario sudafricano vuole tenersi comunque amico, magari in vista di un’espansione del mercato delle automobili elettriche Tesla.
[di Walter Ferri]