L’azienda nazionale peruviana di idrocarburi, Petroperú, ha assunto il controllo diretto di un lotto di pozzi petroliferi nella provincia di Talara, nella regione settentrionale di Piura, al confine con l’Ecuador. Una notizia apparentemente di poco conto che tuttavia testimonia un passo politico importante: dopo 25 anni di privatizzazioni forzate inaugurate sotto la guida dell’ex dittatore sostenuto dagli Usa, Alberto Fujimori (1990-2000), e proseguite dai successori, che avevano posto le ricchezze naturali del Paese interamente sotto il controllo delle multinazionali straniere, il Perù ricomincia a esercitare la gestione sovrana del sottosuolo. È così lanciato il guanto di sfida al liberismo che il nuovo presidente, l’ex maestro elementare Pedro Castillo, aveva annunciato all’indomani della sua elezione a sorpresa alla guida del partito di stampo socialista “Perù Libre”, quando aveva posto al primo punto dell’agenda la lotta contro «la dittatura del mercato».
Il presidente Castillo ha partecipato alla celebrazione per la nazionalizzazione dei pozzi di Talara, affermando: «Oggi cambiamo la storia, facendo il grande passo per il ritorno di Petroperú alle attività produttive a beneficio di milioni di famiglie peruviane». Il lotto in questione ha una capacità produttiva di 540 barili di greggio al giorno attraverso 90 pozzi e produce anche gas liquefatto. Castillo ha sottolineato che questo consentirà di rifornire la nuova raffineria di Talara, alle prese con un vasto progetto di ammodernamento portato avanti dallo stato con inaugurazione prevista ad aprile 2022, con una capacità di lavorare 95.000 barili di greggio al giorno. Ma non è tutto: è stato annunciato inoltre che Petroperú avrà presto accesso ai lotti petroliferi 192 e 74, nel nord del paese, per scopi di esplorazione e produzione, anche per la nuova raffineria. Da oltre 25 anni le attività di ricerca ed estrazione di petrolio erano interamente in mano private, mentre l’azienda di stato si occupava solo della raffinazione e della distribuzione del greggio che era costretto ad acquistare dalle aziende private.
Le azioni intraprese dal governo vanno inquadrate all’interno di un vasto piano per l’autosufficienza energetica del Paese, annunciato il mese scorso. In quest’ottica saranno riviste le royalties richieste alle aziende private che operano nel Paese allo scopo di garantire una maggiore partecipazione statale nella gestione delle ricchezze del sottosuolo e di garantire maggiori tutele per le comunità di cittadini che abitano nelle zone interessate dalle estrazioni. Il piano prevede inoltre la transizione a forme maggiormente pulite di estrazione e lavorazione, puntando sul gas come combustibile ponte mentre si porta avanti la pianificazione statale per l’attuazione di progetti di produzione di energia rinnovabile.
Naturalmente la strada per il governo Castillo non può dirsi in discesa. Non solo gli interessi che si vanno a toccare sono enormi, ma Perù Libre gode di una maggioranza parlamentare risicata e deve far fronte ad una opposizione forte e foraggiata dai poteri economici interni ed esteri che temono di perdere parte della loro ricchezza. Non per nulla Castillo ha già dovuto far fronte alla minaccia di un colpo di stato in appena sei mesi di presidenza. A questo proposito, anche se nulla si sa circa le responsabilità dell’accaduto, risulta necessario annotare come ad appena tre giorni di distanza dall’annuncio della nazionalizzazione dei pozzi petroliferi di Talara, un gasdotto statale nella regione amazzonica, abbia subito un misterioso sabotaggio.
È iniziato il… sovranismo peruviano…