Gli appassionati dello spazio lo sanno bene, ma il telescopio satellitare James Webb – erede del celebre Hubble – ha finalmente concluso le operazioni di dispiegamento iniziali. Perché tanto entusiasmo? Ebbene si tratta di un passaggio tecnico, scientifico e politico che ha tenuto il mondo occidentale col fiato sospeso per interi mesi, ogni passo dello sviluppo e della gestione della macchina è stato rischioso e la buona riuscita della sua apertura in orbita era tutto meno che scontata. Le manovre hanno portato via una settimana, una settimana nella quale si è rischiato di perdere per un inconveniente un investimento da 10 miliardi di dollari, nonché più di due decadi di lavoro.
Il tratto più caratteristico e riconoscibile dello strumento è certamente il suo oneroso specchio, una lastra da 6,5 metri di diametro composta da 18 cellule esagonali di berillio placcato oro, un elemento tanto ingombrante che la NASA ha dovuto trasportarlo sul luogo del lancio spaziale passando via mare. Una condizione che ha creato orrore negli accademici coinvolti, i quali hanno temuto fino all’ultimo che i pirati della Guinea Francese assalissero il cargo per chiedere un riscatto.
Al di là delle legittime preoccupazioni per l’investimento monetario, il mondo scientifico festeggia il battesimo del fuoco del Webb come un punto virtuoso nella collaborazione tra NASA, European Space Agency (ESA) e Canadian Space Agency, i quali stanno predisponendo ai ricercatori uno strumento che sarà presto capace di monitorare la luce proveniente da galassie remote, il tutto con una sensibilità agli infrarossi mai vista in precedenza. Le aspettative sono altissime, con i tecnici che promettono che ogni immagine immortalata dallo strumento finirà con il rivelarci realtà del tutto inedite sulla galassia che viviamo.
Al momento il satellite è in rotta per la sua destinazione finale, il punto di Lagrange L2, quindi dovrà passare diverse settimane ad allineare il gigantesco specchio, il quale farà da scudo agli strumenti montati al suo interno fino a raffreddarli alla temperatura di -230°C, step essenziale per attivare i sensori della macchina, i quali sono estremamente sensibili alla percezione del calore. Tra una cosa e l’altra, le prime immagini del telescopio dovrebbero raggiungerci nell’estate prossima ventura.
Il James Webb è uno strumento pensato a uso esclusivo del mondo scientifico, ma la sua stessa esistenza gioca una parte importante anche nella sfera della cosiddetta esopolitica, ovvero nella diplomazia spaziale. Il punto di Lagrange L2 è attualmente presidiato solamente dall’osservatorio russo-tedesco Spektr-RG e dal satellite Gaia dell’ESA, il quale dovrebbe però andare in pensione nel prossimo futuro. La presenza americana in loco assume dunque anche una dimensione politica, soprattutto considerando che i punti di Lagrange potrebbero avere un ruolo importante nel futuro della corsa allo spazio, se non altro perché le loro peculiarità gravitazionali consentono agli strumenti stazionati di mantenere una posizione stabile consumando risorse energetiche esigue.
[di Walter Ferri]