giovedì 26 Dicembre 2024

Obbligo vaccinale: le risposte ai dubbi sul nuovo decreto del Governo

È stato pubblicato venerdì sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo decreto legge con cui, come è noto, è stato introdotto il cosiddetto obbligo vaccinale per gli italiani che abbiano compiuto i 50 anni di età. L’analisi del testo ufficiale è quanto permette di comprendere pienamente alcune pieghe del provvedimento e chiarire dei punti che analizzando solo la sua bozza erano rimasti non chiari. Il decreto stabilisce che l’obbligo vaccinale inizi dalla data di entrata in vigore dello stesso – ossia l’8 gennaio – e duri fino al 15 giugno 2022. La disposizione si applica anche agli individui che al momento non hanno ancora 50 anni ma li compiranno entro il 15 giugno, e ad essere potenzialmente esenti dalla stessa sono solo coloro che per motivi di salute, attestati dal medico di base o dal medico vaccinatore, non possono sottoporsi alla vaccinazione: in questi casi infatti la stessa può essere omessa o differita. A produrre esclusivamente il differimento della vaccinazione, poi, è l’infezione da SARS-CoV-2, che «determina il differimento fino alla prima data utile prevista sulla base delle circolari del Ministero della salute».

Fatta questa breve premessa, bisogna specificare che l’obbligo seppur sia scattato formalmente l’8 gennaio sarà effettivamente in vigore dal primo febbraio: è a partire da tale data, infatti, che sarà applicata la sanzione prevista per chi non lo rispetterà, ossia una semplice sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro una tantum. Essa sarà irrogata a tutti i 50enni che entro il primo febbraio non abbiano «iniziato il ciclo vaccinale primario», che «a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario nel rispetto delle indicazioni e nei termini previsti con circolare del Ministero della salute» e che, sempre a decorrere da tale data, «non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi Covid-19». Proprio in virtù di tale sanzione però, adesso si può comunque parlare di obbligo vaccinale, che al momento della diffusione della bozza non sembrava di fatto esserci per tutti dato che nella stessa erano praticamente previste sanzioni esclusivamente per i lavoratori. Si tratta però di un obbligo dalle sanzioni piuttosto tenui, dato che la multa è comminata “una tantum”, ovvero una sola volta. D’altra parte però permarranno tutte le prescrizioni dettate dal non possesso della certificazione verde rafforzata.

Per ciò che concerne l’irrogazione della sanzione, essa sarà «effettuata dal Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia delle entrate-Riscossione che vi provvederà, sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero». Il Ministero della salute, sempre avvalendosi dell’Agenzia delle entrate, comunicherà dunque ai soggetti inadempienti l’avvio del procedimento sanzionatorio, indicando altresì ai destinatari il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione per comunicare all’Azienda sanitaria locale competente per territorio l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale, oppure la presenza di un’altra ragione di «assoluta e oggettiva impossibilità».

Vi è poi un’altra serie di controlli e sanzioni che riguardano i luoghi di lavoro: a partire dal 15 febbraio tutti lavoratori over 50 (pubblici, privati, e liberi professionisti) saranno tenuti a possedere ed esibire il super green pass (ottenibile tramite vaccinazione o guarigione) all’accesso al luogo di lavoro. I controlli spetteranno ai datori di lavoro pubblici e privati ed ai responsabili della sicurezza delle strutture in cui si svolge l’attività giudiziaria: nel caso di accesso ai luoghi di lavoro in violazione dell’obbligo vaccinale, scatterà una sanzione che potrà andare da 600 a 1.500 euro. Invece, i lavoratori che comunicheranno di non essere in possesso del super green pass o che semplicemente ne risulteranno sprovvisti al momento dell’accesso al luogo di lavoro, saranno considerati assenti ingiustificati: per loro scatterà il blocco dello stipendio e di qualsiasi altro compenso o emolumento, ma non ci saranno conseguenze disciplinari e vi sarà comunque il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Infine, bisogna ricordare che ai lavoratori over 50 sopracitati si aggiungono anche quelli di qualsiasi età dell’università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori, ai quali si è deciso infatti di estendere dal primo febbraio l’obbligo del vaccino.

Detto questo, non si può non sottolineare come vi siano alcuni punti critici legati alle nuove misure introdotte: il primo è legato agli eventuali effetti avversi, che in base a quanto previsto dalla legge lo Stato introducendo l’obbligo dovrebbe risarcire. Eppure la volontà dello Stato di farsi carico delle reazioni avverse viene messa in dubbio dalla attuale presenza del consenso informato, nel quale in merito agli effetti collaterali si legge semplicemente che sarà responsabilità del cittadino “informare immediatamente il proprio Medico curante e seguirne le indicazioni”. Una stranezza di cui si è reso conto il Codacons, che ha richiesto in una nota al Governo di modificare il foglio di consenso informato per coloro per i quali è stato introdotto l’obbligo, minacciando una raffica di ricorsi in tribunale contro lo Stato se ciò non dovesse essere fatto.

A ciò si aggiunga che anche il modo in cui l’obbligo è stato introdotto, ossia il decreto legge, lascia abbastanza perplessi. L’articolo 32 della Costituzione, infatti, prevede che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Questo non vuol dire che il decreto legge non possa essere utilizzato, trattandosi di un atto avente forza di legge da convertire in legge entro 60 giorni, ma che senza dubbio introdurre l’obbligo direttamente tramite una legge sarebbe stato maggiormente corretto dal punto di vista costituzionale. Infatti, se il decreto legge non viene convertito in legge, esso perde efficacia retroattivamente. Ciò genera un problema di non poco conto in tal caso, in quanto se, ad esempio, il Parlamento non convertisse il decreto i suoi effetti non potrebbero essere rimossi. Per dirla in altre parole, coloro che nei giorni a venire si sottoporranno alla vaccinazione in virtù dell’attuale obbligo, non potrebbero di certo divenire nuovamente non vaccinati nel caso in cui il Parlamento non lo convertisse in legge. Vero che si tratta di una ipotesi trascurabile in una legislatura nella quale il Parlamento è divenuto approvatore acritico dei provvedimenti governativi, tuttavia la Costituzione prescriverebbe di prendere quantomeno in considerazione l’ipotesi.

[di Raffaele De Luca]

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