L’University of Technology (TalTech) di Tallinn, in Estonia, sta studiando un nuovo metodo per fornire energia agli insediamenti lunari tramite la creazione di celle solari rivoluzionarie direttamente sulla Luna. La ricerca mira a sfruttare materiali facilmente reperibili nel suolo del satellite, con la previsione di impiegarli nel rifornimento di elettricità per i futuri avamposti dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – e dei suoi partner internazionali – la quale ha individuato il polo sud della Luna come potenziale sito per una base. Questo, infatti, non solo è sempre esposto alla luce del sole, ma potrebbe anche rivelare la presenza di acqua.
La chiave della creazione di queste particolari celle solari, risiederebbe nei piccolissimi cristalli di pirite (FeS2) i quali sono costituiti da ferro e zolfo, elementi reperibili con facilità nella regolite (insieme eterogeneo di sedimenti e polvere che compone lo strato più esterno della superficie dei pianeti rocciosi come la Terra, e dei corpi celesti come le lune) della Luna. L’obiettivo è quindi creare una tecnologia formata da diversi strati di polimeri e integrare in ognuno di questi cristalli di pirite grandi come un granello di sabbia (circa quattro centesimi di millimetri), capaci di assorbire la luce del sole e convertirla in energia. Nello specifico si tratterebbe di una cella solare a strato monogranulo, in cui ogni minuscolo cristallo funzionerebbe come cella solare individuale. Anche se l’energia generata da ognuna di queste non sarebbe tanta, non ci saranno limiti in termini di dimensioni e forma.
L’innovazione principale della ricerca consiste nello strato di assorbimento della luce costituito dalla polvere monocristallina contenente elementi abbondanti e a basso costo. Un aspetto rivoluzionario considerando che, da anni, numerose realtà – compresi molti governi – si stanno impegnando nella ricerca di tecnologie che consentano di stabilire una base sulla Luna o su altri corpi celesti (Marte). Per fare ciò, è fondamentale tenere in considerazione come sostenere le persone in luoghi così lontani dal nostro Pianeta. Ecco perché la questione energetica è la prima da risolvere cercando, senza abusarne, di produrla con materia prima rintracciabile in loco, e la TalTech sembra sulla buona strada. Questa ha spiegato di aver iniziato le ricerche mettendosi in contatto con l’ESA circa sei anni fa, e di aver testato l’idoneità e la resistenza del progetto in un ambiente spaziale considerato ostile. La tecnologia ha superato il test.
[di Eugenia Greco]