giovedì 21 Novembre 2024

La Russia ha diverse buone ragioni per sentirsi accerchiata dalla NATO

Mercoledì 12 gennaio, si sono tenuti i primi incontri, dopo oltre due anni, tra alti ufficiali di Russia e NATO per cercare una soluzione sulla questione ucraina. Gli Stati Uniti, e di conseguenza gli altri paesi della NATO, hanno respinto le principali richieste russe che avrebbero permesso di allentare le tensioni, lasciando comunque aperta la possibilità di futuri colloqui con Mosca sul controllo degli armamenti e sul dispiegamento di missili.

Le richieste di Mosca, respinte dalla NATO, si basavano sue due punti in particolare:

  • un limite al dispiegamento di truppe e armi da parte della NATO nei paesi Baltici e in Ucraina, riportando in effetti le forze Nato dove erano di stanza nel 1997.
  • che la Nato escluda un’ulteriore espansione dei membri, inclusa l’adesione dell’Ucraina all’alleanza, e che non tenga esercitazioni senza previo accordo con la Russia in Ucraina, nell’Europa orientale, nei paesi del Caucaso come la Georgia o in Asia centrale.

Le tensioni tra Russia e NATO avevano raggiunto l’apice nelle scorse settimane, a seguito del dispiegamento di oltre 100.000 soldati russi in prossimità del confine ucraino, quando sembrava fosse imminente un’invasione militare da parte di Mosca. Anche il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, non aveva esitato a gettare acqua sul fuoco annunciando il 26 novembre, che le autorità del Paese avevano sventato un tentato colpo di Stato orchestrato dalla Russia.

La questione ucraina è solo l’ultima delle tensioni tra Mosca e gli Stati Uniti, perché in realtà gli screzi tra le due potenze hanno radici ben più lontane. Per capire meglio questo concetto bisogna analizzare quella che è stata, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, l’espansione della NATO. Dal 1991 ad oggi, 14 paesi facenti parte di quella che era una volta la sfera di influenza sovietica in Europa Orientale sono entrati a far parte dell’Alleanza Atlantica, tra questi 14 sono compresi Polonia e i paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania). Inoltre, altri 3 paesi (Georgia, Ucraina e Bosnia Erzegovina) stanno portando avanti “dialoghi intensificati” per entrare nell’alleanza. La conseguenza di tale espansione da parte della NATO ha fatto si che dal Cremlino venisse denunciato in diverse occasioni il “tentativo di accerchiamento”. Dei 14 paesi che confinano con la Russia, già 5 fanno parte della NATO, altri due sono in fase di entrata, più la Finlandia che starebbe valutando di fare richiesta, se tale scenario si portasse a termine la Russia Europea (Russia Occidentale) avrebbe come confinanti solo paesi membri della NATO, ad eccezione della Bielorussia. Ironici appaiono quindi i tentativi di giustificare tale scenario da parte dell’Alleanza, che nel proprio sito internet, tenta di spiegare come non esista alcun “accerchiamento” dato che: il confine terrestre della Russia è lungo poco più di 20.000 chilometri. Di questi, meno di un sedicesimo (1.215 chilometri) è condiviso con i membri della NATO. Giustificazione alquanto ridicola poiché non tiene conto della differenza strategica tra la Russia Occidentale, dove vivono oltre cento milioni di persone e dove sono concentrate le principali città, rispetto alla Siberia che è un territorio immenso e scarsamente popolato che va dagli Urali all’oceano Pacifico.

La NATO, dipinta esclusivamente come un’alleanza difensiva, ha portato avanti negli anni diverse operazioni militari discutibili e che poco o nulla avevano a che fare con la difesa dei paesi membri. Basti pensare alla campagna militare in Libia, che facendo cadere il regime del colonello Muʿammar Gheddafi, ha di fatto gettato il paese nell’anarchia che ancora oggi sta vivendo. Quindi, che gli Stati Uniti utilizzino la NATO anche per ragioni politiche, è un fatto che non aiuta a stemperare le tensioni.

Per il Cremlino, l’alleanza atlantica rappresenta esclusivamente un progetto geopolitico a guida americana, e non, come alcuni sostengono, un’alleanza tra stati sovrani ognuno con un proprio potere decisionale. Difficile poter credere che il voto del Lussemburgo possa avere lo stesso peso di quello degli Stati Uniti o del Regno Unito. Inoltre, con la caduta dell’Unione Sovietica, sono venuti a mancare quelli che erano i presupposti di base che hanno dato il via alla nascita di questo patto atlantico. Questa alleanza era stata appunto fondata nel 1949, da dodici nazioni, per contrastare la potenza militare sovietica. Sia dal punto militare che politico, la Russia di oggi, rappresenta una minaccia non comparabile rispetto a quella rappresentata dall’Unione Sovietica di allora, che controllava l’Europa Orientale ed era in grado di influenzare le scelte di diversi governi, amici nel resto del mondo.

Che la NATO non sia esclusivamente un’alleanza difensiva ma anche uno strumento politico in mano agli Stati Uniti, lo dimostrano i vincoli di budget sulla spesa militare per i paesi membri. L’attuale obiettivo concordato tra i membri della NATO europea è appunto quello di raggiungere il 2% del PIL sulla difesa entro il 2024. Nel 2019, durante la sua presidenza Trump aveva invitato, con toni non proprio amichevoli, i paesi membri della NATO a destinare il 4% del PIL alle spese militari. L’incremento della spesa militare da parte dei paesi membri della NATO rappresenta un tornaconto significativo per gli Stati Uniti, considerando che detengono il 37% del mercato globale della vendita di armi.

Tornando alla questione Ucraina, nonostante le tensioni, appare improbabile ad oggi che Russia e Stati Uniti vogliano arrivare ad uno scontro frontale. Il presidente russo Putin, seppur non nuovo a mosse azzardate, difficilmente vorrà rischiare una guerra aperta per l’Ucraina avendo già ottenuto il controllo della strategica penisola di Crimea. Per Mosca, l’entrata dell’Ucraina nella NATO rappresenterebbe uno smacco più a livello politico che militare, data la perdita d’influenza e considerando che la NATO potrebbe facilmente dispiegare le stesse attrezzature militari nei paesi baltici. Anche per il neoeletto presidente Biden una guerra aperta sarebbe un rischio considerevole, dovendo giustificare all’opinione pubblica americana come sia necessaria l’ennesima guerra a 9.000 chilometri da casa.

[di Enrico Phelipon]

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