L’efficacia dei vaccini anti Covid a mRNA contro la variante Omicron, per ciò che concerne la trasmissione del virus, potrebbe essere notevolmente minore rispetto a quella contro la Delta: è quanto si apprende da due ricerche in fase di preprint – ovvero non sottoposte a revisione paritaria ed i cui risultati debbono essere considerati ancora provvisori – che sottolineano come la protezione offerta da tali vaccini contro l’infezione sia inferiore con la nuova mutazione del virus. Allo stesso tempo, però, da altri 2 studi – questa volta revisionati – emergono dati a favore del vaccino, dato che da un lato è stato dimostrato che la terza dose dei vaccini a mRNA induce nuovamente l’immunità neutralizzante contro la Omicron e dall’altro che due dosi del vaccino Pfizer sono comunque ancora efficaci contro l’ospedalizzazione da essa causata. Tuttavia queste ricerche non possono affermare per quanto tempo l’efficacia del booster possa durare: alcuni mesi, poche settimane?
L’efficacia contro l’infezione del vaccino Moderna
Il primo studio in preprint si è concentrato sull’efficacia del vaccino Moderna contro la variante Delta e la variante Omicron ed ha incluso 6657 casi di positività al test (di cui 44% relativi alla Delta e 56% alla Omicron). Da esso è emerso che l’efficacia di 2 dosi contro l’infezione provocata dalla Delta sia dell’82,8% a 14-90 giorni dalla sottoposizione alle stesse, del 63,6% a 91-180 giorni, del 61,4% a 181-270 giorni e del 52,9% a più di 270 giorni dall’iniezione. Seppur essa sia appunto diminuita nel tempo, si tratta comunque di numeri molto migliori rispetto a quelli riscontrati con la variante Omicron: dallo studio infatti è emerso che l’efficacia di 2 dosi contro l’infezione causata dalla Omicron sia pari al 30,4% dopo 14-90 giorni dalla sottoposizione alle stesse, al 15,2% dopo 91-180 giorni ed allo 0,0% dopo 180 giorni. Per ciò che concerne invece l’efficacia delle 3 dosi, invece, contro l’infezione Delta essa è risultata essere superiore al 90% indipendentemente dal fatto che il booster sia stato fatta prima o dopo il 20/10/2021, mentre contro l’infezione Omicron è risultata essere del 63,6% con la terza dose ricevuta dopo il 20/10/2021 e del 39,1% con la terza dose iniettata entro il 20/10/2021. Alla luce di tutto ciò, i ricercatori hanno concluso che l’efficacia di 3 dosi del vaccino contro l’infezione causata dalla variante Delta sia alta e duratura, mentre l’efficacia contro l’infezione provocata dalla Omicron sia inferiore nonché particolarmente bassa tra gli individui immunocompromessi. Proprio riguardo quest’ultimo punto, infatti, bisogna ricordare che l’efficacia di 3 dosi di vaccino contro l’infezione è risultata essere solo dell’11,5% tra gli individui immunocompromessi.
L’efficacia contro l’infezione del vaccino Pfizer
Venendo poi al secondo studio in preprint, esso si riferisce non solo all’efficacia del vaccino Moderna contro l’infezione ma anche di quello Pfizer e le stime ad oggetto dello stesso sono state calcolate dagli studiosi rifacendosi ai database nazionali danesi. Ebbene, i ricercatori hanno riscontrato una efficacia contro la variante Omicron del 55,2% per la vaccinazione primaria Pfizer e del 36,7% per quella Moderna nel primo mese successivo alla sua somministrazione: si tratta non solo di cifre evidentemente basse, ma anche in calo nel corso di cinque mesi (ossia il periodo di tempo oggetto della ricerca). Inoltre, sottolineano i ricercatori, si ha a che fare con un’efficacia significativamente inferiore a quella contro l’infezione connessa alla variante Delta (nel primo mese 86,7% quella del vaccino Pfizer e 88,2% del vaccino Moderna) e che diminuisce rapidamente in pochi mesi: basterà ricordare che dopo 3/5 mesi dalla sottoposizione alla vaccinazione primaria l’efficacia contro l’infezione causata dalla Delta è risultata essere del 53,8% per il vaccino Pfizer e del 65% per il vaccino Moderna, mentre l’efficacia contro l’infezione causata dall’Omicron è risultata essere del -76.5% per il vaccino Pfizer e del -39,3% per quello Moderna. Infine, dallo studio è emerso che con il richiamo vaccinale Pfizer la protezione contro Delta arriva ad essere dell’81,2% mentre contro Omicron solo del 54,6% nel primo mese successivo all’inizio della protezione offerta dal richiamo. Non vi sono però dati relativi ai periodi successivi né vi sono dati sulla protezione contro l’infezione offerta dal booster Moderna.
L’efficacia contro la malattia
I fautori della dose aggiuntiva si basano sulla protezione che i vaccini offrono contro la malattia causata dall’Omicron. Secondo uno studio revisionato, tre dosi di vaccino ad mRNA indurrebbero una immunità neutralizzante contro la variante Omicron. Dallo studio emerge che mentre la neutralizzazione nei confronti della variante Omicron non è rilevabile nella maggior parte di coloro che si sono sottoposti alla vaccinazione primaria, gli individui che hanno ricevuto il booster di un vaccino ad mRNA hanno mostrato “una potente neutralizzazione”, seppur ridotta rispetto a quella contro il ceppo originario. I dati tuttavia scarseggiano, i limiti della ricerca sono sottolineati dagli stessi autori (coorte trasversale e non longitudinale, con conseguente ed ammessa incapacità di stimare i cambiamenti nei titoli di neutralizzazione nel tempo) e soprattutto la ricerca si basa sulla miseria di 70 casi di pazienti sottoposti a terza dose.
Pochissime, insomma, le certezze sul funzionamento della terza dose contro Omicron. Verosimilmente efficacia contro l’infezione bassa fin da subito e trascurabile dopo poche settimane, e protezione contro i decorsi severi della malattia da verificare: in questo caso verosimilmente discreti sul breve termine (ma le evidenze non sono forti) e sostanzialmente ignoti a poche settimane di distanza. Poco aggiungono in merito anche gli studi provenienti dal Sud Africa. Tra i più citati una pubblicazione sul New England Journal of Medicinee basata sui dati del Discovery Health (un’organizzazione di assistenza medica sudafricana), la quale sostiene che due dosi di Pfizer-BioNTech sarebbero efficaci al 70% contro le ospedalizzazioni causate da Omicron. Tuttavia si tratta di una corrispondenza, non di una ricerca. Quindi i risultati non possono in nessun caso essere considerati nulla più che una ipotesi scientifica.
Verso la quarta dose?
Insomma, sulla efficacia della terza dose contro la variante Omicron del cirus Sars-Cov2 non vi è alcuna forte evidenza. Ciò nonostante non appare lontana l’ipotesi per cui verranno considerate addirittura necessarie ulteriori dosi di vaccino oltre alla terza. Alcuni Paesi si sono già mossi in questa direzione (Usa, Israele e Danimarca l’hanno già approvata per i soggetti fragili). Lo stesso Ceo di Pfizer, Albert Bourla, ha dichiarato il mese scorso che le persone potrebbero aver bisogno di una quarta dose di vaccino prima del previsto a causa della variante Omicron. A tali dichiarazioni inoltre hanno fatto seguito anche quelle del Ceo di Moderna, Stephane Bancel, il quale recentemente ha affermato che l’efficacia dei booster probabilmente diminuirà nel tempo e le persone potrebbero aver bisogno di una quarta dose in autunno, aggiungendo che i più anziani o coloro con patologie preesistenti potrebbero poi aver bisogno di booster annuali negli anni a venire. Una ipotesi, quella della quarta dose, dove si sta spaccando il mondo scientifico. Non solo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la rigetta (dopo aver bocciato anche la terza dose), ma anche molti virologi, inclusi quelli più ospitati nei dibattiti televisivi italiani, si sono detti scettici a causa delle possibili conseguenze sul sistema immunitario.
Il contrasto con le regole Ema
Detto questo, tornando agli studi sull’infezione causata dalla variante Omicron, si può comunque quantomeno ipotizzare che i vaccini ad mRNA abbiano una efficacia contro l’infezione alquanto bassa. In tal senso, non si può non sottolineare come ciò si ponga in contrasto con le regole su cui l’Ema (Agenzia europea per i medicinali) basa l’approvazione dei vaccini: essa, infatti, nonostante chiarisca che i vaccini non devono necessariamente soddisfare un livello minimo di efficacia per essere approvati, comunica comunque che dovrebbero esservi studi che dimostrino un tasso di efficacia di almeno il 50%, rifacendosi con tale espressione alla presenza di almeno il 50% di casi in meno tra le persone che hanno ricevuto il vaccino rispetto a quelle che non l’hanno ricevuto. Dunque, ci troviamo evidentemente davanti a vaccini che stando ai dati provvisori attuali a malapena riuscirebbero ad assicurare tale requisito minimo: basterà ricordare che la terza dose del vaccino Pfizer dovrebbe garantire, come detto, il 54,6% di protezione contro l’infezione Omicron e tra l’altro tale percentuale si riferisce solo al primo mese successivo alla protezione da essa offerta. Assai probabile, dunque, che la protezione scenda al di sotto del fatidico 50% appena al secondo mese dopo la vaccinazione. Tuttavia l’Ema non pare intenzionata a ridiscutere l’approvazione contro la nuova variante dominante.
[di Raffaele De Luca]
Appare sempre di più evidente come tutti i provvedimenti presi fino ad oggi sui Green pass siano di natura economico-politica e poco forse per nulla sanitaria.
Pur con una variante innocua come la omicron, pur davanti alla prova che la vaccinazione non blocca i contagi, i governi non mostrano nessuna intenzione di fermare il controllo sociale tramite green pass e super green pass, prospettando un futuro fatto di vaccinazioni e lasciapassare vaccinali. La colpa è di tutti color che hanno ceduto le loro libertà in cambio di una effimera sensazione di sicurezza. Una volta acquisiti poteri, raramente i governi lo restituiscono ai cittadini.
Buongiorno
chiedevo notizie dei vaccini non a mRNA tipo Novavax o ancora meglio Valneva (progetto franco-austriaco credo, in teoria prodotto in Europa).
Grazie