La Scozia non ha più bisogno del nucleare, grazie all’energia rinnovabile. Dopo la recente chiusura dello storico impianto nucleare di Hunterston B (nella contea dello Ayrshire), il Paese più settentrionale del Regno Unito sarà presto privo di impianti nucleari. Dal 7 gennaio 2022, giorno che ha segnato ufficialmente la fine di Hunterston B, in tutto il territorio scozzese è rimasto in funzione un solo impianto nucleare, Torness, il quale chiuderà nel 2028. C’è da ringraziare l’enorme aumento della capacità di generazione di energia rinnovabile nel Paese: basti pensare che nel 2020, ben il 98.6% dell’energia elettrica usata in Scozia è stato ottenuto dalle rinnovabili. Un risultato sorprendentemente vicino all’obiettivo ambientale prestabilito, quello del 100% di elettricità derivante da fonti rinnovabili entro il 2020.
Se il dibattito sul possibile utilizzo del nucleare abbinato alle energie rinnovabili (così da mettere fine ai combustibili fossili) è ora molto acceso, specialmente in Europa, la Scozia sembra “parlare” di meno e “agire” di più. Non attraverso stime e discorsi ma nella pratica, il Paese sta dimostrando quanto sia possibile fare quasi del tutto affidamento sulle energie rinnovabili. E, questo, nonostante l’apporto fondamentale di energia da parte di impianti quali Hunterston B, che dal 1976 ha prodotto ben 297,4 terrawattora di elettricità. Per 45 anni e 11 mesi, la centrale dello Ayrshire è rimasta in vita, quasi il doppio della durata inizialmente prevista, quella di 25 anni. Certo, non senza problemi. Per quanto la manutenzione continua abbia permesso un aumento della durata operativa della centrale, le crepe nei mattoni di grafite nei nuclei dei reattori hanno rappresentato un rischio da non correre. Vero è che Hunterston B è stata definita la risorsa energetica “pulita” più produttiva nella storia scozzese, con un risparmio di circa 103 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra rispetto alle fonti di combustibili fossili, motivo per cui alcuni già piangono la chiusura dell’impianto.
Preoccupazioni per le future forniture di energia, nuovi disoccupati, costi alti per le rinnovabili…questi alcuni degli argomenti di chi non si trova d’accordo con la fine del nucleare. Ma vale la pena correre gli ormai risaputi rischi quando basterebbe porre reale attenzione e investire al meglio sul mondo delle energie rinnovabili, visti li studi volti a dimostrare la loro convenienza su più fronti? E per quanto anche in Scozia si siano generati pareri contrastanti, intanto una storica centrale nucleare è stata chiusa e ciò non sarebbe di certo mai accaduto, senza il successo di altre fonti di energia. E poi non solo in Scozia, ma anche nel resto del Regno Unito il nucleare ha sempre meno popolarità: entro il 2025, si prevede la fine delle centrali di Hinkley Point B, Hartlepool 1, e Heysham 1. L’esempio scozzese dovrebbe essere tenuto presente a livello europeo per un reale dibattito su quanto valga la pena investire nelle centrali nucleari cosiddette di quarta generazione o di terza generazione e terza generazione avanzata (III+), quando si hanno già esempi di Paesi che, attraverso pianificazione e investimenti, ottengono il proprio fabbisogno dalle rinnovabili.
[di Francesca Naima]
Per completezza, sarei curioso però di sapere il fabbisogno di energia della Scozia in terawatt, ma a spanne credo sia basso. Avendo circa il territorio delle dimensioni di Friuli, Veneto, Lombardia e Piemonte messe assieme, ma con un quarto dei 20 milioni di abitanti delle nostre regioni, credo sia più facile avviarsi verso la riconversione.