È stata recentemente scoperta una barriera corallina sviluppatasi negli ultimi venticinque anni nelle acque al largo di Tahiti, isola della Polinesia francese. Una barriera lunga tre chilometri, formata da coralli giganti a forma di rosa, alcuni con un diametro superiore ai due metri. Ad aumentare lo stupore il fatto che la nuova barriera corallina scoperta sia del tutto incontaminata. Le conseguenze del riscaldamento dell’oceano – come lo sbiancamento che colpisce altre barriere coralline – non hanno intaccato la barriera tahitiana che sorge nella cosiddetta “zona crepuscolare” dell’oceano vicino all’isola della Polinesia francese. Si parla di “zona crepuscolare” quando viene presa in considerazione l’area che va dai 30 ai 120 metri sotto la superficie; la barriera corallina recentemente scoperta sorge a una profondità di oltre 30 metri, dove arriva ancora abbastanza luce per la produzione dei coralli.
Sarebbe proprio la crescita in acque così profonde, sostengono gli scienziati, a proteggere i coralli dagli effetti dello sbiancamento. La maggior parte delle barriere coralline conosciute sorge infatti, in media, a una profondità di 25 metri ma sono da tempo soggette al duro stress del surriscaldamento delle acque, come la Grande Barriera Corallina australiana, dove dal 2016 ben l’80% dei coralli ha subito un grave sbiancamento. Visto come il riscaldamento degli oceani stia pericolosamente aumentando, come attestano nuovi studi a riguardo (il 2022 si è aperto infatti con un nuovo allarme), la scoperta al largo delle coste di Tahiti suggerisce la possibile esistenza di molte altre grandi barriere coralline in zone tanto profonde, ancora sconosciute.
Non che questo sia una grande sorpresa, visto che dell’intero fondale marino, solo una parte è per ora mappata. Ad oggi, la composizione dei fondali oceanici è conosciuta solo al 20 per cento del totale. Per questo, alcuni anni fa ha preso il vita l’ambizioso progetto Seabed 2030, volto a produrre una mappa ad alta risoluzione di tutti i fondali entro il 2030 per poi renderla disponibile a tutto il mondo. Seabed 2030 ha preso il via nel 2017, quando solo il 6 per cento degli oceani risultava mappato con metodologie moderne e standardizzate. I progressi fatti fino ad oggi sono notevoli e la recente scoperta della profonda barriera corallina nel Pacifico è un’ulteriore spinta positiva per studiare e conoscere meglio gli oceani, i quali oltre a ricoprire i due terzi della Terra, hanno un ruolo fondamentale per il pianeta.
[di Francesca Naima]
Grazie, articolo molto interessante che stimola la curiosità per tale argomento.