Le cosiddette terapie di conversione, un modo per “modificare” il comportamento sessuale di individui non etero, considerati quindi come “malati” e “da curare”, sono definitivamente vietate in Francia. Il 25 gennaio 2022 l’Assemblea nazionale ha approvato il disegno di legge nº 3030, presentato inizialmente il 23 marzo 2021, ora ufficialmente adottato e presto promulgato. Da settembre 2021 il Governo aveva avviato una procedura accelerata sul testo con l’obiettivo di combattere contro pratiche irragionevoli.
È stato quindi introdotto un nuovo reato nel codice penale, volto a punire le “terapie di conversione” e ogni pratica che voglia “modificare” l’orientamento sessuale o l’identità di genere di qualsiasi individuo. La pena prevista parte dai due anni di reclusione e una multa di 30.000 euro, che aumenta fino ai quattro anni di reclusione e 45.000 di multa se coinvolti minori o soggetti particolarmente vulnerabili.
I medici che sostengano di poter “curare” l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona, rischiano inoltre il divieto di esercitare fino a dieci anni. Comunque, non sarà considerato punibile un qualsiasi invito di prudenza o riflessione prima di, per esempio, intraprendere un percorso di transizione. Grazie a tale provvedimento, in Francia sarà possibile denunciare più facilmente sia per i singoli che per le associazioni, le quali come previsto da un emendamento dei deputati e sotto il consenso di questi ultimi, potranno agire in giudizio per chiunque sia stato sottoposto alle terapie di conversione.
Nonostante la Francia abbia ufficialmente rimosso l’omosessualità dall’elenco delle condizioni psichiatriche nel 1981 e quelli che erano considerati disturbi dell’identità di genere nel 2010, per le terapie di conversione non esisteva, ancora, alcuna disposizione. Tali terapie, conosciute anche come di “riorientamento sessuale” o “riparative“, sono trattamenti che partono dall’eteronormatività. Con il presupposto che l’unico orientamento sessuale possibile sia l’eterosessualità, tutto ciò che se ne distacca viene considerato e trattato come una malattia.
L’espressione “terapia di conversione” è nata negli Stati Uniti negli anni ’50 e racchiude in sé diverse pratiche che, letteralmente, pretendono di modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona. “Terapie”, tra l’altro, da sempre prive di qualsiasi base medica e scientifica, tanto che sono state vietate da associazioni quali l’Onu, l’Oms e Amnesty International. Considerando l’omosessualità e la transessualità come una “condizione curabile”, nel corso della storia sono stati messi in atto riti religiosi, elettroshock, torture, stupri collettivi, iniezioni di ormoni…col fine di “guarire”. Ad adottare pratiche tanto assurde sono stati alcuni rappresentati o seguaci di culti, credenze, “terapeuti esperti”, medici con determinate convinzioni. Ad oggi queste “usanze” continuano timidamente a muoversi in maniera ovviamente ben diversa ma non per questo meno grave, in un labile confine tra legalità e illegalità, immerse in una sfera sempre e comunque pseudoscientifica.
Eppure è stato più volte dimostrato quanto tali pratiche siano infondate e quanto abbiano gravi effetti sulla salute mentale. Per chi viene “curato”, o chi in generale subisce un trattamento da “malato”, “diverso”, oltre alla dolorosa consapevolezza di non essere accettato, è facile cadere in depressione e rispondere con confusione, ansia, disturbi della personalità e con un’inclinazione al suicidio di otto volte maggiore alla norma, come emerge dal rapporto dell’American Psychology Association (Apa).
Anche in Canada, solo dallo scorso dicembre, le “terapie di conversione” per le persone LGBTQ+ sono illegali, mentre la Francia si aggiunge ad altri Paesi europei quali la Germania e Malta. Se anche il Belgio, i Paesi Bassi e il Regno Unito stanno facendo passi avanti per agire a livello legislativo, all’interno della politica italiana nulla sembra emergere. Solo nel 2016, Sergio lo Giudice (ex senatore del Pd) ha promosso un ddl a riguardo. Il risultato è stato un testo mai nemmeno discusso, perché non considerato come una delle priorità nel Bel Paese.
In Italia, così come altri 68 paesi nel mondo, le terapie di conversione rimangono quindi impunite. Risulta difficile capire quanto effettivamente siano diffuse in Italia, visto che si tratta di un fenomeno non facile da identificare, specialmente perché non eclatante come in passato o come in altre parti del mondo. Questo, però, non giustifica il considerarlo in modo superficiale; una legge come quella francese è infatti un modo e un esempio per fare valere i diritti e il rispetto di tutti.
[di Francesca Naima]