Dal Tribunale di Chieti è stata confermata l’accusa di frode in commercio nei confronti della nota azienda italiana De Cecco. Qualche giorno fa il gip ha ordinato l‘imputazione coatta nei confronti del presidente dell’azienda, del direttore degli acquisti e dell’ex direttore del controllo qualità. Perché la provenienza delle materie prime utilizzate dal pastificio di Fara San Martino sarebbe stata riportata in maniera inesatta, a partire da un grano classificato dalla De Cecco come pugliese ma, in realtà, di origine francese. Questa incongruenza, denunciata da un ex dirigente dell’azienda, è stata la prima e principale causa delle brighe giuridiche vissute dall’azienda abruzzese che ora potrebbe portare il presidente della stessa, Filippo Antonio De Cecco, al processo. L’inchiesta non riguarda però solo il già citato grano “pugliese” (4.500 tonnellate circa) ma anche l’uso di semole acquistate da fornitori esterni all’azienda e l’impiego di grani del North Dakota, precisa Il Salvagente, primo a sottolineare le anomalie interne alla De Cecco.
Da Fara San Martino non viene mostrato alcun tipo di turbamento dopo l’accusa, anzi. Effettivamente, se non fosse stato per l’opposizione di AssoConsum, il caso sarebbe stato archiviato proprio come richiesto dal sostituto procuratore della Repubblica di Chieti, Giuseppe Falasca. Per questo, anche, dalla De Cecco si dicono “Sereni e fiduciosi nella magistratura” considerando la richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero. Dall’azienda precisano poi l’importanza data alla tutela del prodotto e la dimostrabile alta qualità, tutto retto da una filosofia di trasparenza e rispetto per i consumatori. Se dalla De Cecco non ci sono preoccupazioni, le informazioni riportate sulle confezioni rimangono effettivamente ingannevoli, precisa il gip. Non solo, oltre al problema delle etichette ingannevoli, che per il giudice sarebbero state “Frutto di una precisa strategia aziendale”, c’è anche la volontà di fare chiarezza sugli altri aspetti sopracitati.
Per quanto riguarda la questione delle etichette, tutto è partito nel 2019, quando la De Cecco ha avuto a che fare con l’Antitrust. Questi aveva aperto un procedimento per pratica commerciale scorretta, in quanto le etichette della pasta di semola di grano duro parevano dare informazioni inesatte e ingannevoli ai consumatori, sull’assoluta italianità del prodotto, non poi così assoluta. In parole povere, nonostante la filiera produttiva della pasta sia perlopiù italiana, per l’effettiva produzione il grano è anche di origine estera ma questo, sosteneva l’Antitrust, non era chiaro. Esisteva anche una dicitura, comunque fuorviante secondo l’Antitrust: “Paese di coltivazione del grano: Ue e Non Ue”. Insomma, il Made in Italy se e quando utilizzato, deve essere reale, attendibile e non destare ambiguità. Allora all’epoca la De Cecco seguì le precisazioni dell’Antitrust, togliendo ciò che potesse confondere i consumatori e inserendo la dicitura “I migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona”. Ma sarebbe proprio questa frase a rappresentare “Un’informazione infedele” com’è poi stato comprovato. Visto che l’uso dei grani non si limita solo a “italiani, californiani e dell’Arizona”, ora l’accusa di frode in commercio è stata confermata per il particolare caso di grano francese magicamente divenuto pugliese. Comunque, intanto, la dicitura è stata nuovamente modificata. Dalla scorsa estate, sulle confezioni dei prodotti De Cecco si trova infatti la frase “I migliori grani italiani e del resto del mondo”. Una soluzione sì, ma che fa pensare e che non va a scagionare chi è ora sotto accusa per avere dato delle informazioni non vere.
[di Francesca Naima]
In Italia sono in tanti a vende pasta con grano “100% italiano”,
il grano prodotto in italia non è sufficiente per l’uso interno figuriamoci poi per i grandi marchi che esportano.
Questo accade perché c è una magistratura troppo morbida e plasmata sui poteri influenti della politica massonica .
Altro che indipendenza della magistratura ….ma mi faccia Il piacere ,avrebbe detto Totò