lunedì 4 Novembre 2024

Nella notte la Turchia è tornata a bombardare il Kurdistan

La notte scorsa le forze turche hanno effettuato un raid aereo contro le forze curde del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) in Iraq e Siria. Il governo di Ankara ha dichiarato che il raid era destinato a “neutralizzare” le posizioni tenute dalle truppe dal PKK e delle YPG (Unita di protezione popolare) a Derik,Siria, e nelle regioni di Sinjar e Karacak in Iraq. L’operazione militare turca, denominata Winter Eagle, è solo l’ultima dei numerosi raid aerei che negli ultimi mesi il governo di Ankara ha effettuato contro i curdi. Portavoce del governo hanno infatti dichiarato che Winter Eagle ha portato alla “neutralizzazione” di numerosi “terroristi” (questo il modo in cui il governo turco chiama i combattenti curdi), senza però specificare il numero esatto delle vittime. Ne se tra loro fossero presenti anche civili.

Da ormai 40 anni, la Turchia è in guerra con il PKK e il fatto che sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea abbiano inserito il partito curdo nella lista delle organizzazioni terroriste, ha di certo facilitato le cose. Con la scusa di combattere il terrorismo la Turchia ha infatti portato avanti una vera e propria campagna militare volta alla cancellazione della resistenza curda in Siria e Iraq. Un’aggressione che forse ha visto anche l’utilizzo di armi chimiche da parte di Ankara, come denunciato in diverse occasioni dai curdi senza che la comunità internazionale si sia presa nemmeno carico di verificare. Va ricordato che le milizie curde (YPG e il braccio femminile YPJ)sono state tra i principali artefici della sconfitta dello Stato Islamico (ISIS) in Siria. Allora furono appoggiate dalla coalizione internazionale a guida statunitense, ben lieta di utilizzare i curdi contro l’Isis, e poi di fatto abbandonate dopo aver svolto il compito.

Con il pretesto della lotta al terrorismo, da mesi Ankara porta avanti queste operazioni militari, in totale contrasto con gli obblighi internazionali come denunciato in diverse occasioni anche dal governo iracheno. Ma la lotta al terrorismo appare più come un pretesto, per risolvere quelle che, in realtà, sono diatribe interne tra il governo e la minoranza curda presente in Turchia. La posizione turca sul terrorismo è quantomeno ambigua, numerose sono state in passato le denunce sui legami tra il governo di Ankara e i gruppi terroristi attivi in Siria, come il fronte al-Nusra. Nell’ottobre 2020, un gruppo di europarlamentari italiani aveva infatti richiesto un’interrogazione parlamentare sul fatto che il governo turco stesse attaccando indiscriminatamente i curdi, e offrendo supporto e addestramento ai miliziani islamici presenti nei territori sotto il suo controllo nel nord della Siria. Nell’interrogazione si sottolineava inoltre la possibilità di adottare sanzioni contro la Turchia, nel caso tali accuse fossero state confermate. Accuse di fronte alle quali sia il governo italiano sia la governance europea hanno fatto orecchie da mercante. Nel marzo 2021, l’Alto rappresentante per gli affari esteri europei, Jose Borrell, aveva risposto (eludendo ogni accusa) all’interrogazione degli europarlamentari italiani limitandosi a ribadire che la Turchia rimaneva un partner fondamentale per l’Unione Europea e candidato ad entrare a far parte dell’unione, nonostante i diversi atti “ostili” degli ultimi anni.

In soldoni, quello che Borrell forse voleva dire era: dato il ruolo strategico della Turchia nella gestione della crisi dei migranti, ed essendo questi uno dei principali partner della NATO (Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord), andava lasciata “in pace”. Ciò appare evidente dal fatto che, nonostante le numerose denunce, sia l’UE che gli Stati Uniti non abbiano mai voluto indagare sui collegamenti tra Ankara e i gruppi terroristi in Siria. Come allo stesso modo non si sia mai voluto mettere un freno al “massacro” degli ex alleati curdi.

[di Enrico Phelipon]

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