Nell’ultimo rapporto “Covid-19: Sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale”, basato sui dati relativi alla pandemia in Italia nelle ultime due settimane vi è un dato che dovrebbe far discutere: le persone di età compresa tra 19 e 39 anni che si sono sottoposte alla terza dose hanno un tasso di ospedalizzazione pari a 28 su 100.000 abitanti, mentre per i coetanei vaccinati con due dosi effettuate da meno di 120 giorni il tasso è di 23 su 100.000 persone. Numeri in entrambi casi molto bassi e sostanzialmente trascurabili (si va dal 0,023 al 0,028%), ma che non sembrano provare l’efficacia della terza dose quantomeno in questa fascia di età.
Se da un lato i dati dell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità mostrerebbero una certa efficacia del vaccino nel ridurre la possibilità di contrarre il virus (1 su 7 per i non vaccinati, 1 su 16 per i vaccinati con almeno due dosi) e nell’evitare l’ospedalizzazione, dall’altro, mettono in luce un’incongruenza proprio su quest’ultimo aspetto. Le ospedalizzazioni nella popolazione che ha effettuato la dose booster fra i 12 e i 39 anni sono infatti maggiori rispetto alla stessa popolazione vaccinata con ciclo completo da meno di 120 giorni. Nel primo caso, il rapporto dell’ISS documenta 414 ricoveri su 1.463.143 vaccinati, quindi 28 ospedalizzazioni ogni 100.000 persone. Nel secondo, invece, si parla di 23 ospedalizzazioni ogni 100.000 abitanti, con 1.378 ricoveri su un totale di 5.996.404 vaccinati.
Una prima discussione sul tema è stata tenuta su La7, dove è intervenuto il virologo Francesco Broccolo, ammettendo che l’incongruenza emersa dall’ultimo rapporto dell’ISS non è una novità, ed anzi si era registrata anche nei due rapporti bisettimanali precedenti. Nel corso dell’intervento il ricercatore ha poi illustrato due possibili spiegazioni al fenomeno. La prima – che appare tutta da dimostrare – è relativa al comportamento dei vaccinati con dose booster, che abbasserebbero la guardia non prestando particolare attenzione alle raccomandazioni per evitare il contagio. La seconda spiegazione, di natura scientifica, fa appello al fenomeno Ade. In poche parole il potenziamento immunitario del vaccino attiverebbe, vista anche la differenza fra la variante Omicron e il virus nelle sue prime apparizioni (sulle cui caratteristiche è basato il vaccino), una quota di anticorpi non neutralizzanti «che anziché bloccare il virus lo traghetterebbero all’interno della cellula».
D’altro canto diversi studi ipotizzano che la stimolazione ripetuta del sistema immunitario possa portare a una sua compromissione. L’11 gennaio 2022 il capo della strategia vaccinale dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), Marco Cavaleri, ha rilasciato una conferenza stampa nella quale ha espresso seri dubbi sulla somministrazione ripetuta delle dosi di richiamo, che potrebbero «sovraccaricare il sistema immunitario».
[di Salvatore Toscano]
Perché il governo non mette in pausa i booster per questa fascia di età finché non si è fatta chiarezza su questo dato?
Quello che evidenza questo articolo è sola la punta di un iceberg.
I dati sono artefatti in diversi modi. Faccio solo due esempi.
1) Il dato sulle “diagnosi” (tamponi positivi) è sostanzialmente falso perchè non si basa su un campionamento imparziale ma sui tamponi a cui le persone si sottopongono volontariamente. Ora i non-inoculati sono costretti a tamponarsi con una frequenza molto superiore a quella degli inoculati. Non solo ma hanno un interesse esattamente opposto nello scoprire un tampone positivo, che da diritto al lasciapassare, rispetto agli altri per cui un tampone positivo comporta la sospensione del lasciapassare. Il dato è insomma ampiamente “biosed” come direbbero gli anglosassoni.
L’effetto è di nascondere la totale inefficacia, se non peggio, dei trattamenti dal punto di vista dei contagi. (D’altra parte i risultati si vedono).
2) I dati grezzi sono rapportati ad una distribuzione della popolazione che varia nel tempo per effetto della campagna in corso. Tale distribuzione viene fotografata al centro del periodo delle “diagnosi”. Ora così facendo si tiene conto di “vaccinazioni” recenti che non possono avere alcun impatto sui contagi in quel periodo e tanto meno sulle diagnosi, che sono, by definition, successive al contagio.
L’effetto ottenuto è quello di dare gonfiare in modo significativo i dati sull’efficacia dei trattamenti.
Potrei continuare.
Mi sembra utile leggere tra le righe….in pratica, stando nella fascia di cui si parla, il non vaccinato avrebbe una possibilità doppia di andare in ospedale rispetto ai vaccinati e quindi sarebbe soggetto ad un TERRIBILE rischio dello 0,05% di ospedalizzazione? Se a questa cifra sottraiamo gli effetti avversi diciamo che la puntura non è proprio un affarone. Non oso pensare ai risultati della fascia dei bambini….un crimine vero e proprio!
In quella fascia di età i numeri delle ospedalizzazioni sarebbero bassissimi comunque.