venerdì 22 Novembre 2024

In Sardegna è riesplosa la protesta dei pastori

A tre anni dalla guerra del latte, ricomincia la mobilitazione dei pastori sardi che ieri sono scesi in strada per chiedere l’intervento statale e protestare contro l’aumento del costo di mangimi e concimi, gasolio ed energia elettrica. La mobilitazione è ripartita da dov’era iniziata nel 2019, dal ponte sulla strada Bitti Sologo, in cui avvennero i primi sversamenti di latte sull’asfalto.

Nell’inverno del 2019 gli allevatori sardi decisero di unirsi in protesta per rivendicare prezzi più giusti rispetto ai 55 centesimi al litro per il latte di pecora e 44 centesimi per quello di capra pagati dalle aziende. “Meglio gettarlo via che accettare prezzi così bassi” era uno degli slogan della protesta che, nel febbraio 2019, rischiò di diventare sommossa, con la promessa da parte dei pastori sardi di bloccare le elezioni regionali del 24 febbraio in caso di mancato accordo con le istituzioni: “Non entrerà nessuno a votare: non è che non andiamo a votare, non voterà nessuno, blocchiamo la democrazia” annunciò allora il coordinamento dei pastori. Prima dell’intervento delle istituzioni, tutta l’Isola mostrò solidarietà: dai calciatori del Cagliari Calcio che a San Siro indossarono una maglietta con su scritto “solidarietà ai pastori sardi”, fino ai commercianti di Nuoro che annunciarono una mezza giornata di chiusura collettiva. Le proteste si conclusero con un aumento dei prezzi pagati ai pastori, centinaia di denunce e diversi processi. Due di questi si terranno proprio nelle prossime settimane, quando gli imputati saranno chiamati a rispondere del reato di blocco stradale. “Entrambi i processi appaiono gli unici in Sardegna per i quali si procede per il reato di blocco stradale” scrive a riguardo l’associazione indipendentista Libertade.

«A tre anni di distanza dalla guerra del latte abbiamo avuto il risultato del prezzo che si è alzato, con conguagli che hanno superato abbondantemente l’euro, ma oggi la situazione è anche più grave di quella che si viveva allora» dice Gianuario Falchi, uno dei portavoce dei pastori. L’aumento dei prezzi di tutte le materie prime nelle scorse settimane è solo l’ultimo tassello di un domino problematico che ha avuto inizio in estate, con caldo anomalo, incendi e siccità. Il risultato è una riserva di fieno insufficiente ad alimentare le greggi, che quindi «dev’essere importato dalla Penisola con prezzi per il trasporto che oggi lievitano anche a 25.600 euro per un solo carico. Per evitare il fallimento è necessaria la dichiarazione dello stato di calamità». Nel frattempo le campagne continuano a spopolarsi e l’agricoltura in Sardegna rischia di scomparire nel silenzio più totale. Si parla di un settore che conta oggi 12 mila aziende e circa 50 mila impiegati, con più di 3 milioni di pecore e capre che ogni anno garantiscono una produzione media di 300 milioni di litri di latte. «Dalla guerra del latte sono cambiate poche cose e l’umore delle campagne è nero: temo che succederà qualcosa di nuovo» conclude Gianuario Falchi.

Intanto la Coldiretti Sardegna ha annunciato per giovedì 17 febbraio una manifestazione a Cagliari, e contemporaneamente in altri capoluoghi di Regione, davanti all’Ufficio Territoriale del Governo con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni e avanzare loro le proprie richieste.

[di Salvatore Toscano]

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