Il sito notav.info sarebbe stato oggetto di un tentativo di censura: a denunciarlo, infatti, sono stati proprio gli attivisti del movimento No Tav, che tramite un comunicato pubblicato nella giornata di ieri hanno fatto sapere che il motivo per cui il portale negli scorsi giorni sarebbe rimasto offline per alcune ore risiederebbe appunto in un “tentativo di censura a tutti gli effetti”. Il sito sarebbe stato provvisoriamente bloccato da parte del provider dei server per via di un articolo sugli “affari di Area spa”, impresa che – si legge nella nota – “ha investito nel fiorente mercato dei dispositivi per la sorveglianza di massa” ed “era la responsabile dell’installazione di una vasta rete di telecamere intorno al cantiere per spiare di nascosto i valsusini per conto delle forze dell’ordine”. A tal proposito, ricordano infatti i No Tav, “qualche dispettoso folletto aveva individuato i dispositivi e proceduto alla loro rimozione rilasciando anche un video in cui si vedono Digos e impiegati di Area all’opera durante l’installazione”.
È proprio per questo che gli attivisti avevano deciso successivamente di indagare su questa azienda, ed i frutti delle loro ricerche erano stati inseriti all’interno dell’articolo incriminato intitolato: “Dai contatti con Al Sisi alla sorveglianza per Assad, chi è Area spa, l’azienda che spia i notav”. L’articolo, che di certo non rappresentava un elogio agli affari della società, era però “corredato di fonti accreditate e verificate”, ma ciò non sarebbe bastato. Secondo i No Tav “probabilmente a qualcuno non andava giù che gli affari di Area con regimi totalitari per la repressione di attivisti politici e sociali venissero sbandierati ai quattro venti”, e potrebbe essere questo quindi il motivo per cui da alcuni mesi gli attivisti avrebbero iniziato a ricevere mail dal provider di notav.info, che avrebbe ripetutamente chiesto loro di cancellare o quantomeno deindicizzare l’articolo. “Noi abbiamo risposto cortesemente, ma in maniera ferma, che l’articolo non presentava alcuna falsità o diffamazione e che il nostro, per quanto fatto dal basso ed in maniera volontaria era un lavoro di informazione”, fanno sapere i No Tav.
Nel comunicato, poi, viene allegata quella che sarebbe stata la penultima richiesta del provider, secondo gli attivisti connotata da un “tono tragicomico”. Al suo interno infatti, si sarebbe fatto riferimento alla possibilità di deindicizzare il link dell’articolo, cosa che avrebbe permesso di evitare “semplicemente di risultare su Google”. “Questa è una notizia del 2020, sono passati più di 2 anni e si capisce che non è rilevante”, avrebbe comunicato il provider, che avrebbe altresì sottolineato che così facendo l’articolo sarebbe comunque rimasto nell’archivio del sito e non avrebbe influito negativamente sulla “reputazione del nostro cliente”.
Dato che però, come detto, gli attivisti non hanno accettato di fare quanto loro richiesto dal provider, a quest’ultimo sarebbe “successivamente arrivata una lettera degli avvocati” che avrebbe fatto riferimento ad una “fantasiosa diffamazione” all’interno dell’articolo. “A quel punto l’azienda che ospita i nostri server per cautelarsi blocca il nostro IP pubblico, sostanzialmente impedendo la visualizzazione del sito”, affermano i No Tav, che avrebbero per questo espresso il loro dissenso ed in seguito ricevuto una risposta atta a motivare la decisione. Tramite la stessa, sarebbe stato spiegato agli attivisti che nell’articolo ci sarebbero state “alcune affermazioni diffamatorie” potenzialmente lesive della reputazione dell’azienda. “Se non puoi provare queste affermazioni come vere (che dovrebbero essere provate tramite tribunale), devono essere rimosse, poiché la diffamazione è un reato”, avrebbe proseguito la risposta a loro inviata. A tutto questo poi si aggiunga che vi sarebbe anche stato un tentativo di usurpazione d’identità, con un individuo che sotto falso nome avrebbe finto di essere il proprietario di notav.info, rivendicato il copyright del testo e richiesto a Google di de-indicizzare l’articolo.
Ad ogni modo, i No Tav fanno sapere che nessuno avrebbe denunciato né loro né il provider, non essendovi gli “estremi per farlo”, bensì semplicemente il provider avrebbe “deciso di schierarsi a fianco di una grossa azienda piuttosto che tutelare un sito d’informazione indipendente” che avrebbe “agito in maniera completamente trasparente”. “Insomma, quello in cui siamo incorsi è un tentativo in piena regola di tapparci la bocca“, concludono gli attivisti, che affermano tuttavia di essere pronti a proseguire la loro lotta non essendo certo “le prepotenze di questo tipo a farci paura”.
[di Raffaele De Luca]