Un team di studiosi americani ha scoperto come distruggere le PFAS nell’acqua. Si tratta delle Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici), composti chimici utilizzati prevalentemente in campo industriale in forma liquida, caratterizzati da una struttura che conferisce loro una particolare abilità termica, la quale li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione. Le PFAS vengono utilizzate nel trattamento di pelli e tappeti, nella produzione di carta e cartone, nei rivestimenti delle padelle antiaderenti, nella schiuma antincendio e nella produzione di particolari capi di abbigliamento, per via delle loro caratteristiche idrorepellenti (impermeabilizzazione).
Questi acidi sono altamente nocivi, indistruttibili e in grado di accumularsi nell’ambiente e di nuocere alla salute dell’uomo, causando problemi respiratori, tumori e deformazioni agli organi riproduttivi. Per questo motivo, da tempo gli scienziati si impegnano per trovare il modo di smaltirli. Un passo avanti in questo senso è stato appena compiuto. Pare, infatti, che il calore possa essere utilizzato per distruggere i legami carbonio-fluoro tipici di queste sostanze. La ricerca, effettuata dalla US Environmental Protection Agency, spiega che un processo basato sul calore e sull’ossidazione dell’H2O, è riuscito a distruggere il 99% delle PFAS presenti in un campione di acqua.
L’esperimento è consistito nell’aggiungere sostanze ossidanti all’acqua per poi portarla a una temperatura molto elevata. Difatti, quando questa viene scaldata a 374°C a una pressione di 220 bar, raggiunge il cosiddetto stato supercritico, ovvero quella particolare condizione in cui le sue proprietà sono in parte analoghe a quelle di un liquido, e in parte simili a quelle di un gas. In questo stato, ossidazione accelerata e altre reazioni fanno sì che le Sostanze Perfluoro Alchiliche si scompongano negli elementi componenti, i quali possono essere isolati e smaltiti. Procedimenti molto simili a questo sono stati precedentemente sviluppati per eliminare altri tipi di sostanze chimiche, questa è la prima volta che lo si prova con le PFAS.
La ricerca, inoltre, ha fatto sì che gli scienziati si rendessero conto dell’esistenza di un ventaglio di sostanze chimiche non ancora identificate. Una scoperta la quale alimenta la convinzione che, tale processo, possa essere implementato per ripulire particolari siti contaminati da acque reflue. Non si è ancora in grado però – hanno dichiarato i fautori dell’esperimento – di ridurre completamente e definitivamente la minaccia di tali acidi, anche per via della complessità del procedimento scientifico e delle spese sostanziose necessarie a realizzarlo. Pertanto sarebbe più che necessario, in concomitanza di scoperte del genere, impegnarsi nella riduzione dell’uso delle PFAS. Così come recentemente ha iniziato a fare il Veneto dove, nel vicentino, si è dato il via alla vendita di prodotti ortofrutticoli certificati “privi di Pfas”, dopo che è stata attestata la gravissima situazione delle acque sotterranee, superficiali e potabili del territorio.
[di Eugenia Greco]