Dove ci eravamo lasciati? Si parlava di alternanza scuola lavoro. Nel nostro ultimo ragionamento, abbiamo avuto modo di evidenziare come sussista una divaricazione drammatica tra le disposizioni formali in materia di lavoro e la loro effettiva declinazione. In merito a quelle questioni, ad esempio, abbiamo provato ad argomentare come quelli che formalmente dovrebbero essere percorsi formativi in realtà si trasformano in strettoie di sfruttamento e alienazione: contratti formalmente solo formativi, come lo stage, diventano illecitamente ma de facto contratti di lavoro, privi anche delle più bas...
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Discorso interessante, ma è tagliato su misura al nostro paese? In un paese dove la componente micro imprenditoriale (meno di 5 addetti) o PMI (10 – 50 addetti) è preponderante in termini di occupazione e di ricchezza prodotta ha davvero senso focalizzare l’attenzione su una lotta di classe tra soggetti che sono solo in parte rappresentativi della realtà del paese e dimenticare sempre l’altra metà del cielo che subisce leggi e politiche non misurate sulla loro realtà?
Articolo interessante, un tantino demagocico… riequlibrato dal commento di “cotorn”
C’è una differenza abissale tra le sinergie, le relazioni, le dinamiche interpersonali di una multinazionale e di una piccola azienda con qualche dipendente.
Il potersi permettere di “parametrare” la realtà, costruire il “mondo ideale” è tipico delle grandi imprese… ma anche una necessità organizzativa viste le dimensioni.
La piccola impresa è naturalmente lean e smart, funziona benissimo sia dal punto di vista produttivo sia organizzativo, zero sprechi, poca burocrazia interna perchè è già troppa quella imposta, massimizzazione delle risorse. La piccola e media industria italiana è un modello spettacolare. Le grandi imprese dovrebbero creare delle micro-realta invece che standardizzare modelli e comportamenti.
Articolo infarcito di paradigmi e lontano dalla realtà. Realtà economica fatta da un tessuto economico di micro e piccole imprese I cui dipendenti sono alla fine famigliari. Un padre che finisce in tribunale perché un figlio o un fratello ha avuto un infortunio sul lavoro. Ha il potere di distruggere economicamente l’azienda e la famiglia. Io conosco solo imprenditori che parlano dei dipendenti come dei loro “gnari”, ragazzi. E se parliamo di costitizione e sindacato oggi, allora parliamo di esperienze fallimentari, perché a prima, come diceva Begnini, non è ancora stata applicata ed il secondo ha dimostrato di andare a braccetto con il governo e la grande impresa. Già perché nelle piccole imprese il sindacato fortunatamente non è riuscito ancora ad entrare e guastare i rapporti quasi famigliari tra titolare e dipendenti. Io non so dove vivete voi, ma sicuramente state parlando di un mondo irreale. Un piccolo imprenditore oggi, ma da sempre fa i salti mortali per fare impresa. A parte gli orari che non conoscono inizio e fine, a parte la tassazione del 68% del reddito prodotto, a parte i contributi che vanno versati su ogni singolo aumento dato al dipendente: per ogni 100 euro lorde, tra inps, inail e contributi vari il datore di lavoro ne sborsa 200 euro. A parte questo che non è poco, è la differenza tra un impresa florida ed un impresa sull’orlo di crisi aziendale. È assurdo che il datore di lavoro debba essere responsabile del benessere tout court del lavoratore. E vero esattamente il contrario: sono i problemi personali al du fuori dell’azienda che vengono portati all’interno influenzando il clima aziendale ed il risultato. E vero il contrario: l’imprenditore cerca il gioco di squadra e si trova con piccoli bambini mai cresciuti in competizione per primeggiare, dimentichi che collaborare è meglio che ostacolare. E che il benessere aziendale dipende dai comportamenti dei singoli e dell’etica pubblica e dalla morale privata. L’azienda può avere una mission, una vision, ma se chi ci lavora non incarna i valori aziendali, per quanto si possa chiedere e pretendere benessere, non lo si avrà. Ne per norma di legge ne de facto. Mi permetto di ricordare che fare impresa oggi in Italia è non più difficile, ma impossibile, stante tutte le norme, i decreti, i dpcm e i regolamenti e regi decreti che vengono emessi dall’oggi al domani in un turbinio di emergenze reali o volute. Norme tutte favorevoli alla grande impresa che in Italia è minoranza a scapito della micro e piccola impresa che invece è l’ossatura economica di questo disgraziatissimo paese, che vuole farla sparire dal contesto economico.
Dimenticavo, negli ultimi anni, gli infortuni sono per la stragrande maggioranza infortuni in itinere, per spostamenti casa/lavoro e li il datore di lavoro non ha né peccato né colpa, ma deve comunque pagare e subire l’aumento della tariffa inail sul premio globale dei salari dipendenti. E nell’ultimo anno, la morte a causa di lavoro è esplosa tra i sanitari con il covid. Quindi quando date informazioni, se davvero volete differenziarvi dai professionisti dell’informazione, controllate i dati e sulla base dei risultati e scevri da ideologie scrivete. È la somma che fa il totale.
Forse più che ulteriori norme che rendono farraginosa qualsiasi applicazione alla realtà di formalismi burocratici, sarebbe più opportuno avere poche norme generali chiare a tutti e cambiare il sistema economico nel suo insieme e farlo diventare a competitivo, collaborativo e condivisivo.
Solo comprendendo che collaborando tutti ottengono risultati migliori e soddisfano i loro bisogni e rendendolo evidente, si potrà risolvere il problema che risiede nel l’autocoscienza di ognuno di noi.
Mi pare di poter affermare che anche il sindacato, nonostante il suo fortissimo potere contrattuale si sia amalgamato al sistema;
della serie: cambiamo tutto perche’ nulla cambi!!!
Io aggiungerei a tutto ciò le arbitrarie sospensioni per tutti coloro che non si piegano al ricatto di vaccinazione di un preparato cancerogeno e genotossico mai sperimentato prima di essere iniettato nella gente, la quale non capisce e non vuole capire niente di medicina e si affida a una massa di corrotti stipendiati dalle case farmaceutiche.