lunedì 23 Dicembre 2024

Geopolitica del Mediterraneo: da mare nostrum a mare loro?

Il Mar Mediterraneo è stato per secoli di vitale importanza per i vari imperi che si sono alternati nel corso della storia in Europa. Gli antichi Romani lo chiamavano, Mare nostrum, ossia “il nostro mare” e, in effetti, la conquista romana toccò tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo. Al giorno d’oggi forse la definizione più corretta per il Mediterraneo sarebbe “mare di nessuno” visto che sono in tanti, tantissimi, i paesi interessati ad accrescere la propria influenza su questo specchio d’acqua sulle cui coste vivono circa 450 milioni di persone. 

Il termine Mediterraneo deriva dalla parola latina mediterraneus, che significa in mezzo alle terre. Ed è proprio la sua posizione geografica che ha reso questo mare strategico, dal punto di vista politico, militare ed economico. Il Mediterraneo ha infatti permesso l’incontro, e spesso lo scontro, tra i popoli dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia. Nello scacchiere internazionale il Mediterraneo ricopre ancora oggi un ruolo fondamentale. Di particolare rilievo ci sono tre zone: lo Stretto di Gibilterra, il Canale di Suez e lo Stretto dei Dardanelli.

Lo Stretto di Gibilterra: ha un’importanza strategica rilevante, chi lo controlla infatti è in grado di gestire il traffico marittimo in entrata e in uscita tra il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico. La Gran Bretagna, grazie al suo passato di potenza marittima, controlla Gibilterra dal 1713. Rendendo di fatto questo “scoglio” l’ultima colonia presente in Europa. Lo Stretto di Gibilterra, ricopre un ruolo fondamentale anche dal punto di vista economico, dato che il 90% delle merci scambiate nel mondo viaggia via mare. Da Gibilterra passano infatti ogni anno circa 17,1 mln di TEU (twenty-foot equivalent unit, misura standard nel trasporto dei container) rendendo questo stretto il quarto chokepoint (ossia passaggi obbligati delle principali rotte commerciali) per termini di volume a livello globale. 

Il Canale di Suez: inaugurato nel 1869, collega il Mar Mediterraneo al Mar Rosso permettendo di navigare direttamente fino all’Oceano Indiano. A causa della delocalizzazione dei centri produttivi verso l’Asia, il canale di Suez sta assumendo un ruolo crescente dal punto di vista commerciale. Il canale è infatti il quinto chokepoint a livello globale da dove passa circa il 12% degli scambi commerciali complessivi. Data l’importanza strategica francesi, inglesi e l’impero Ottomano si sono contesi negli anni il controllo di questo canale fino a che, nel 1956, l’allora presidente egiziano Nasser, decise di nazionalizzarlo. 

Lo Stretto dei Dardanelli: collega il mar di Marmara all’Egeo e, assieme allo stretto del Bosforo, controlla l’accesso del traffico marittimo tra il Mediterraneo e il Mar Nero. Seppure di minore rilievo rispetto a Gibilterra e Suez dal punto di vista commerciale, i Dardanelli hanno una certa rilevanza dal punto di vista politico e militare. Questi stretti controllati dalla Turchia, alleata di Washington, furono una delle prime cause di tensione durante la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nel mar Nero, a Sebastopoli vi è una delle più importanti basi della marina militare russa, alla luce delle recenti tensioni tra Mosca e Washington per la questione ucraina, non si può escludere che il governo turco possa, sotto pressione americana, arrivare anche a decidere di chiudere i Dardanelli e il Bosforo alla flotta russa. 

Quali sono i paesi che si contendono il controllo del Mediterraneo?

Francia, Italia, Turchia, Spagna, Grecia, Algeria, Israele, Marocco, Egitto tutti questi paesi hanno almeno una o più basi navali, ed ognuno come è logico che sia  lavora per i propri interessi commerciali e politici. Nel Mediterraneo sono presenti anche basi di paesi, che geograficamente non ci dovrebbero essere, come Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Tutti questi stati hanno aspirazioni diverse, chi punta ad avere un ruolo come potenza globale, e chi invece cerca di mantenere o di accrescere il proprio ruolo come potenza regionale o chi semplicemente cerca di tutelare i propri interessi commerciali. 

Stati Uniti: Washington controlla tre basi nel Mediterraneo. Rota  in Spagna, che fornisce supporto logistico alle navi statunitensi e a quelle della NATO (Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord). A Napoli, si trova invece il quartiere generale delle forze navali degli Stati Uniti in Europa ossia la Sesta Flotta. Ed infine, la base di Souda nell’isola di Creta, Grecia. A Souda ci sono sia navi della marina greca che delle NATO ed è la più’ grande base navale del Mediterraneo Orientale. Il controllo di tre basi, assieme al fatto che praticamente tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono alleati o comunque “amici” garantisce agli Stati Uniti una posizione di dominio incontrastato su questo mare. Con la sola eccezione di Siria e Libia tutti gli altri paesi fanno parte della NATO o sono partner degli americani. Inoltre lo “zio Sam” può contare anche sulle numerosi basi aeree presenti nei paesi dell’Europa del Sud, che garantiscono oltre che il dominio sul mare anche quello sui cieli. Il Mediterraneo rimane quindi un mare strategico a cui difficilmente gli Stati Uniti vorranno rinunciare, la vicinanza ai ricchi giacimenti di petrolio della penisola Araba, cosi come le recenti scoperte di idrocarburi nel Mediterraneo Orientale, lo rendono importante anche dal punto di vista economico oltre che militare. Inoltre un’eventuale ritirata dal Mediterraneo aprirebbe ulteriormente il campo agli storici nemici russi. La presenza della Russia al momento è limitata alla sola base di Tartus, in Siria. Questa base, costruita negli anni ’70, è di vitale importanza per Mosca garantendogli accesso diretto al Mediterraneo. Senza dubbio uno dei motivi che hanno spinto Mosca a intervenire a fianco del governo di Assad durante in conflitto in Siria è stato proprio il mantenimento di questa base navale. Nel 2017, infatti, è stato siglato un accordo tra Russia e Siria per estendere il controllo di Mosca sulla base di Tartus per altri 50 anni. In questa chiave si può leggere anche l’intervento russo in Libia, ossia la possibilità di ottenere basi militare e influenza in un paese strategico dal punto di vista economico, date le ingenti risorse di petrolio, e geografico, data la posizione al centro del Mediterraneo. Ad oggi la lotta per l’influenza nel Mediterraneo tra questi due paesi che competono per accrescere le loro influenze a livello globale  vede un netto dominio di Washington. Dominio che difficilmente verrà intaccato dalla Russia.

Differenti sono le strategie per il controllo del Mediterraneo dell’altra superpotenza globale, la Cina. Pechino, da anni ha impostato la sua politica estera sul commercio piuttosto che sulla forza militare. I due colossi statali cinesi, Cosco e China Merchants hanno infatti partecipazioni in diversi porti del Mediterraneo, che garantiscono un certo grado di controllo da parte di Pechino su alcuni dei porti principali di questo mare; il porto del Pireo in Grecia, Istanbul, Valencia, Marsiglia e Malta. Nel 2020, il governo cinese è riuscito a mettere le mani anche sul porto di Taranto. Inoltre le mire di Pechino sui porti italiani non si fermano qui, nel mirino sono finiti anche i porti di Genova e Trieste. L’espansione cinese nel Mediterraneo comporta indubbiamente dei rischi a livello politico, dato che i porti sono asset strategici per l’Unione Europea e per gli interessi militari della NATO, appare però difficilmente limitabile l’influenza diretta o indiretta di Pechino. Essendo la Cina il principale produttore di beni al mondo, l’influenza cinese nei porti del Mediterraneo, cosi come in quelli del resto del mondo, appare destinata inevitabilmente ad aumentare.

La Turchia negli ultimi anni ha cercato in ogni modo di incrementare il suo ruolo di potenza regionale. Ankara è infatti attiva a livello politico e militare in diversi contesti, dalla gestione dei flussi di migranti con l’Unione Europea (UE) fino agli interventi militari in Siria e Libia. Se l’intervento in Siria, poteva essere in qualche modo correlato alla spinosa questione curda, l’intervento in Libia è stato probabilmente dettato dalla volontà di accrescere la presenza anche sul Mediterraneo. Non a caso, Israele ed Egitto  hanno valutato la presenza turca in Libia come una possibile minaccia. L’intervento turco in Libia in sostegno alle truppe del generale Haftar è avvenuto in cambio di concessioni per i diritti di sfruttamento delle acque libiche sotto il controllo del generale. Tensioni relative al controllo e allo sfruttamento delle Zona Economica Esclusiva (ZEE)  sono emerse anche con Grecia e Cipro. Per contrastare l’espansione turca nel Mediterraneo l’UE ha infatti sanzionato in due diverse occasioni il governo di Ankara per trivellazione illegale.

La Francia: per capacità militari, economiche e alla luce del suo  passato coloniale Parigi avrebbe tutte le caratteristiche per diventare una potenza regionale nel Mediterraneo, e in parte lo è già. Paese leader, assieme alla Germania, nell’Unione Europea, Parigi ha diversi interessi in gioco in questo mare, il principale è il  mantenimento dei rapporti con le ex colonie in nord Africa.  Algeria, Marocco e Tunisia sono tutte ex colonie che ancora oggi, in modo più o meno diretto, devono fare i conti con il peso politico di Parigi. Oltre al peso politico i cugini d’oltralpe possono contare anche su una delle migliori flotte militari a livello globale, non a caso sono stati l’unico paese europeo ad aver mandato supporto militare alla Grecia durante le dispute con la Turchia. Anche nel conflitto in Siria la Francia non ha fatto mancare il suo peso,  con la portaerei Charles De Gaulle che ha stazionato nelle acque siriane per tutta la durata del conflitto. La presenza francese a largo della Siria è stata facilitata dai buoni rapporti che Parigi ha con Cipro, che le permettono di poter utilizzare i porti di Limassol e Larnaca. Grazie ad un patto siglato con quest’ultimo, Parigi ha infatti ottenuto l’utilizzo di questi porti fino al 2027, che le permettono di incrementare la presenza francese in Medio Oriente. Inoltre questo patto aveva anche lo scopo di tutelare dalle ingerenze turche i diritti estrattivi nelle acque cipriote della compagnia petrolifera francese Total.

Che ruolo ha l’Italia nel Mediterraneo?

Storicamente l’Italia è stata il partner più affidabile degli Stati Uniti nel mare nostrum. Non a caso una delle principali basi della NATO si trova a Napoli. Negli anni della guerra fredda, la politica estera italiana nel Mediterraneo era incentrata sul controllo del mare Adriatico ed in particolare delle attività della marina della Jugoslavia. Ad oggi, gli interessi principali di Roma nel Mediterraneo sono concentrati sul controllo dell’immigrazione illegale e sulla messa in sicurezza delle rotte energetiche e degli interessi economici. I conflitti in Libia e Siria hanno causato diverse ondate di rifugiati verso le coste dello stivale: Italia, Spagna e Grecia sono i paesi che hanno dovuto affrontare in prima linea questi flussi migratori. Ogni anno, per limitare gli sbarchi, Roma mette a bilancio diversi milioni di euro come finanziamento per la guardia costiera libica. La tutela degli interessi energetici per l’Italia ha luogo principalmente in Libia e nel Mediterraneo. Uno dei principali interessi strategici di Roma, sarebbe appunto lo sviluppo del gasdotto Eastmed, che punta a collegare i giacimenti di gas del Mediterraneo orientale alla Grecia per poi arrivare in Italia. Progetto a cui la Turchia si oppone strenuamente poiché ridurrebbe il suo ruolo di ponte tra Europa e Medioriente. In futuro l’Italia, in riguardo al Mediterraneo, dovrà riuscire a mediare tra gli interessi espansionistici di Pechino sui porti della penisola, e quelli che sono invece gli interessi strategici degli americani e della NATO. Quello che una volta era appunto un mare nostrum sta diventando sempre più un mare illi (loro).

[di Enrico Phelipon]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria