domenica 24 Novembre 2024

Il mercato delle materie prime vive un “rally impressionante”

Da diversi mesi è iniziata a livello globale la convivenza con il rialzo dei prezzi, a partire dal caro energia e dall’effetto domino che ha scatenato. Oggi gli ultimi tasselli, favoriti dal conflitto fra Russia e Ucraina, stanno cadendo, mostrando un quadro di assoluta incertezza e volatilità non più isolato esclusivamente al petrolio e al gas, ma esteso a una moltitudine di materie prime. Ciò significa che, nonostante la crisi globale attuale, alcuni settori sono e saranno destinati a diventare più vantaggiosi agli occhi degli investitori perché portatori di possibili profitti, non trascurando gli ovvi rischi fisiologici. Allo stesso tempo, per uno dei meccanismi alla base dell’economia, questi settori risulteranno meno convenienti per i consumatori, poiché più costosi.

Evoluzione PUN
Evoluzione PUN

Di fronte a un aumento generalizzato dei prezzi, che sfocia poi nel fenomeno dell’inflazione, il consumatore può scegliere due strade: continuare a comprare il prodotto inflazionato, magari in quantità ridotte, oppure decidere di sostituirlo con un bene simile, definito in termini economici come “succedaneo” o “sostituto”. Quest’ipotesi è dunque percorribile nel caso in cui il prodotto in questione sia facilmente rimpiazzabile, come nel classico esempio del burro e della margarina. Ma cosa accade quando il bene non può essere sostituito? I consumatori sono in un certo senso costretti a comprarlo e chi non può far fronte al repentino aumento del suo prezzo, come nel caso delle imprese, è destinato alla chiusura. È ciò che sta accadendo in diverse regioni italiane, come in Lombardia e precisamente a Brescia, dove alcune acciaierie e fonderie hanno fermato la produzione, visto la loro natura “energivora” e il costo della corrente in forte crescita. D’altronde, il PUN (Prezzo unico nazionale dell’energia elettrica) ha toccato il 7 marzo scorso quota 587 euro al MWh: si tratta di una quadruplicazione rispetto all’anno scorso e di una decuplicazione rispetto al 2020.

Petrolio e gas

Evoluzione settimanale di alcune materie prime

Petrolio e gas sono i due protagonisti dell’incremento dei prezzi delle materie prime. D’altronde tra aumento della domanda, scenari geopolitici instabili e l’idea di embargo contro il greggio russo era inevitabile un rialzo così importante. Prima di lasciare spazio ai dati è necessario, per dovere di informazione, fare chiarezza sulla distinzione fra greggio e petrolio: il primo è il cosiddetto “petrolio crudo”, risalente al momento dell’estrazione e  praticamente inutilizzabile, quindi va lavorato. Da un punto di vista finanziario è proprio il greggio, chiamato sul mercato italiano petrolio, a essere preso in considerazione. Nello specifico, si distingue il petrolio Brent da quello WTI sulla base della provenienza geografica: il primo viene estratto nel Mare del Nord, tra la Norvegia e la Gran Bretagna, mentre il secondo proviene dagli Stati Uniti. Attualmente, entrambi si avvicinano al record del 2008, viaggiando sui 130$ al barile e segnando un +70% rispetto a marzo 2021, quando un barile di petrolio costava circa 70$. Anche gasolio e gas naturale, usati ad esempio per riscaldare gli edifici, stanno vivendo una crescita simile al petrolio, con incrementi del 89% e del 24% rispetto all’anno scorso.

4,4$ a gallone

Frumento e mais

Altri due protagonisti dell’incremento dei prezzi sono il frumento e il mais, che dall’invasione russa dell’Ucraina hanno vissuto una crescita esponenziale, visto che dai due Paesi dipende il 30% della produzione mondiale di grano e un quinto del commercio del mais. A causa del caro energia sono aumentati i costi di produzione dei cereali, mettendo in difficoltà sia i produttori sia i consumatori. Ad oggi un bushel (circa 27 chili) di grano viaggia sulla cifra record di 12$ (+54% rispetto a febbraio), raggiunta nel 2008. Cifre diverse ma stesso destino per l’altro cereale che a marzo si è stabilizzato su una soglia di 7,5$/bushel.

12$ per bushel 

Nickel e palladio

Anche i metalli hanno infranto diversi record in termini economici. Il palladio, impiegato soprattutto nelle marmitte catalitiche, si è spinto fino a 3.440 dollari l’oncia sul mercato spot londinese, registrando un incremento di circa l’80% da inizio anno. La motivazione è legata alle tensioni geopolitiche attuali, visto che la Russia è responsabile del 40% dell’offerta mondiale del metallo e le esportazioni, anche causa sanzioni, sono crollate nell’ultimo periodo. Il nickel ha invece quasi raddoppiato il proprio prezzo, spingendosi al record storico di 55 mila dollari per tonnellata al London Metal Exchange (LME). Il metallo, di cui la Russia detiene circa il 10% delle esportazioni, è impiegato sia nella produzione di acciaio sia in quella di batterie.

Oro, argento, rame e platino

Due aspetti accomunano oro, argento, rame e platino: uno è la loro essenza metallica, l’altro è la crescita in termini di prezzo che stanno vivendo nell’ultimo periodo. L’oro, ad esempio, ha superato nelle scorse ore la soglia record di 2000$/oncia. Anche prima che scoppiasse la guerra tra Russia e Ucraina, la domanda delle azioni dei metalli preziosi era elevata, con ogni probabilità trainata dalla ripresa dopo la pandemia. Sul lungo periodo (3 anni) si sono registrati incrementi che variano dal 44% al 66%, segnato dall’argento, uno degli elementi più versatili presenti sulla Terra: il suo uso va dalla saldatura delle leghe alla creazione di batterie, passando per la produzione di semi-conduttori.

[Di Salvatore Toscano]

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3 Commenti

  1. Pensiamo sia un problema economico?
    L Europa sta ai due poli, usa ed Asia, come L Italia sta all’Europa…irrilevante .

    Gli aumenti distruggeranno le piccole imprese e faranno dare fondo alle piccole risorse, i big rastrellano e la gente avrà bisogno dei sussidi… e non potrà quindi più dire nulla contro il sistema

  2. E’ il momento giusto per 2 tipi di investimenti, oro e metalli preziosi e materie prime e energia rinnovabile, avere questi settori in portafoglio è conveniente e riduce molti rischi.

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