domenica 22 Dicembre 2024

Dal 14 marzo la polizia sarà dotata di pistola taser in 18 città italiane

A partire dal prossimo 14 marzo, in 18 città italiane le Forze di polizia saranno armate di taser. Si tratta di una pistola elettrica che paralizza temporaneamente la persona colpita ma che, secondo la Ministra degli Interni Luciana Lamorgese, «costituisce un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale di polizia impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio». Nello specifico saranno 4.482 le armi ad impulso elettrico consegnate agli agenti, in 14 città metropolitane e in 4 capoluoghi di provincia (Caserta, Brindisi, Reggio Emilia e Padova). Il programma prevede però che l’iniziativa venga estesa, a partire da fine maggio, anche alle restanti aree del territorio nazionale.

 

La Ministra ha ribadito che in questo modo gli agenti saranno in grado di gestire in modo più efficace e sicuro le situazioni critiche e di pericolo. È davvero così? Capiamo meglio.

Il taser è stato introdotto per la prima volta nel 2004 in Regno Unito, affidato all’uso esclusivo degli agenti in Inghilterra e in Galles. Questi potevano usufruirne per un numero limitato di operazioni, e più in generale, solo in caso di estremo pericolo per la propria vita o per la sicurezza pubblica. Per la giurisdizione si tratta infatti di un’arma vera e propria (seppur non letale), che si aziona premendo il grilletto.

Dal click si diramano dal corpo della pistola due “dardi” collegati a fili conduttori che trasmettono una scarica di 63 microcoulomb di elettricità per 5 secondi. Che succede alla persona colpita? I suoi muscoli si paralizzano all’istante, anche se la mente rimane lucida e in grado di ascoltare. Ma il corpo è di fatto immobile. Tale effetto dovrebbe comunque svanire in poco tempo, permettendo al soggetto di recuperare una normale forma fisica. Tuttavia, indipendentemente dalle condizioni della “vittima”, gli agenti sono obbligati a richiedere l’intervento del personale sanitario.

Qual è stato l’iter italiano che ci ha portato fino a qui? Durante il Governo Conte I, nell’ottobre 2018, l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, si fece promotore di un decreto legge – convertito poi in legge a fine anno– che introdusse l’utilizzo, in alcune zone, del taser per un periodo di prova.

Della pistola elettrica si è poi tornati a parlare nel gennaio 2020, dopo il via libera del Consiglio dei Ministri del Governo Conte II alla modifica delle norme del DPR 5 ottobre 1991. Le novità includevano un “ammodernamento” dell’armamento delle forze dell’ordine. In quell’anno l’utilizzo del taser è stato legalmente approvato in 12 città (Milano, Napoli, Genova, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi), autorizzato dal decreto legge 119/2014 e sua successiva proroga.

Tuttavia, nel luglio del 2020, l’attuale Ministro dell’Interno Lamorgese sospese l’utilizzo dell’arma con una circolare ministeriale, ritenuta non idonea dopo una serie di prove balistiche. Ma il suo ritiro, visto l’annuncio di questi giorni, è stato solo temporaneo.

Il taser serve davvero? Secondo uno studio dell’università di Cambridge di qualche anno fa, in realtà la pistola elettrica ha aumentato (quasi raddoppiato) il rischio che la polizia usi la violenza e che gli agenti vengano aggrediti. Mentre l’Organizzazione delle Nazioni Unite lo ha addirittura definito uno strumento di tortura.

Secondo una stima effettuata dall’agenzia Reuters, dall’inizio degli anni 2000, negli USA sarebbero state colpite a morte con un taser azionato dalla polizia 1.042 persone. Un quarto di loro soffriva di crisi psicotiche o disturbi neurologici, in nove casi su dieci la vittima era disarmata. Reuters ha potuto consultare le autopsie di 712 del totale delle vittime censite. In 153 casi il taser è indicato come unica causa o come fattore che ha contribuito alla morte, le altre autopsie menzionano invece una combinazione di problemi, da scompensi cardiaci all’abuso di droghe e traumi di vario genere.

[di Gloria Ferrari]

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