Nei giorni scorsi sono stati fatti alcuni timidi passi avanti in direzione di un accordo tra le delegazioni di Mosca e Kiev. Secondo quanto riferito dal Financial Times, infatti, le due delegazioni starebbero lavorando alla bozza per un piano di pace articolato in quindici punti: tra questi il più importante sul tavolo riguarda la rinuncia di Kiev di aderire all’Alleanza Atlantica e di ospitare armi e basi militari straniere sul suolo ucraino, in cambio della protezione di Stati Uniti, Regno Unito e Turchia. La bozza contiene anche garanzie per tutelare la lingua russa nelle zone del Donbass dove viene parlata, in quanto, a partire dal 2014 in avanti, è stato impedito dal governo ucraino alle popolazioni russofone dell’est di parlare e pregare in russo. In cambio, Mosca garantirebbe un immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dai territori occupati. Ancora lontano appare, invece, un accordo per quanto riguarda il riconoscimento delle autoproclamate Repubbliche indipendenti del Donbass da parte di Kiev e sullo status della Crimea.
La strada nella direzione di un accordo risolutivo appare, dunque, ancora in salita, in quanto la parte ucraina ha dichiarato che la bozza riflette la posizione russa. Tuttavia, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, si è detto fiducioso sulle trattative in corso: «Mi affido all’opinione dei nostri negoziatori. Dicono che i negoziati non sono stati facili per ragioni apparenti, ma c’è comunque una certa speranza di raggiungere un compromesso». Similmente, il presidente ucraino Zelensky ha da tempo cominciato a prospettare l’impossibilità dell’Ucraina di aderire alla NATO: «Abbiamo sentito per anni che le porte erano aperte, ma abbiamo anche sentito che non potevamo aderire. È una verità e deve essere riconosciuta».
Il problema più spinoso riguarda il modello di neutralità da applicare a Kiev: il Cremlino sarebbe favorevole ai modelli di neutralità austriaca o svedese, proposta accolta però con freddezza dalla delegazione ucraina. Il capo dell’ufficio presidenziale di Kiev Mykhailo Podolyak ha affermato infatti che «il modello può essere solo ucraino e solo con garanzie di sicurezza legalmente calibrate. E nessun altro modello o opzione». Nonostante ciò, sempre secondo il Financial Times «Ucraina e Russia hanno compiuto progressi significativi su un piano di pace provvisorio».
Determinante nelle trattative è stata la mediazione di Israele e Turchia: Naftali Bennett è stato, infatti, il principale mediatore internazionale nei colloqui, mentre Recep Tayyip Erdogan ha avuto una conversazione telefonica con Zelensky per aiutare a raggiungere un accordo di pace. La Turchia, del resto, pur sostenendo l’Ucraina in quanto membro della Nato, risulta strettamente legata a Mosca per quanto riguarda i settori di energia e difesa e questo le conferisce un ruolo di primo piano nella mediazione.
Allo stesso tempo, altri due eventi significativi hanno segnato un passo avanti verso la distensione e la via del dialogo: sono, infatti, ripresi i contatti ufficiali tra il Cremlino e la Casa Bianca da quando si era interrotta ogni comunicazione lo scorso 24 febbraio, giorno in cui è cominciata l’operazione militare speciale russa. I colloqui si sono svolti telefonicamente tra il consigliere americano per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolay Patrushev. Sebbene le parti siano ancora distanti, con Sullivan che ha ribadito «l’impegno degli Stati Uniti di continuare a imporre costi alla Russia», si è registrata quantomeno la ripresa dei contatti diplomatici. Similmente, il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, riferisce del primo colloquio a distanza dallo scoppio delle ostilità, avvenuto tra il Patriarca di Mosca Kirill – vicino al Cremlino – e papa Francesco: entrambi hanno convenuto «l’eccezionale importanza del processo negoziale in corso», sottolineando che «le Chiese sono chiamate a contribuire a rafforzare la pace e la giustizia».
Sebbene la strada per un accordo risolutivo risulti ancora lontana, la volontà di procedere con le trattative è reale, tanto che – come riporta l’agenzia russa Tass – proprio oggi il consigliere dell’ufficio presidenziale ucraino Podolyak ha confermato la volontà di raggiungere un’intesa, sebbene vi siano ancora diversi ostacoli. Ha asserito, infatti, che «l’eliminazione dei disaccordi può richiedere da diversi giorni a una settimana e mezzo. Durante questo periodo dobbiamo avvicinarci alla stesura di un trattato di pace». Infine, non è escluso un incontro diretto tra Putin e Zelensky. La Turchia, infatti, si è detta disponibile per un incontro di alto profilo tra i Presidenti dei due Stati in conflitto. Circostanza però che – stando alle dichiarazioni del ministro degli Esteri Lavrov – potrebbe aver luogo solo una volta raggiunto un compromesso tra le due delegazioni per firmare gli accordi definitivi.
[di Giorgia Audiello]