Con un decreto ministeriale del Ministero della Salute del 23 febbraio 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 marzo, l’ayahuasca è stata inserita nella tabella I delle sostanze stupefacenti del Testo Unico sulle droghe. Nella stessa tabella sono state fatte rientrare anche la Banisteriopsis caapi e la Psychotria viridis, le due piante dalle quali si estraggono i principi attivi del preparato (armalina, armina e DMT). Insistendo con l’approccio proibizionista, il Governo criminalizza così un preparato con secoli di storia alle spalle, utilizzato in molti contesti come sostanza curativa e dalle importanti connotazioni antropologiche e sociali.
L’ayahuasca, decotto di sostanze psicotrope con una storia molto antica radicata nelle tradizioni sudamericane, è stato definitivamente inserito all’interno della lista di sostanze stupefacenti proibite. Si tratta di una bevanda con secoli di storia alle spalle, preparata tradizionalmente dagli sciamani indigeni mischiando le liane polverizzate della Banisteriopsis caapi e le foglie di Psychotria viridis. Utilizzata a scopo curativo per malesseri emozionali e fisici, di gruppo o individuali, provoca sensazioni simili alla LSD ma “più intense ed esperienziali”. Alcuni studi avrebbero inoltre dimostrato l’efficacia del preparato nel trattamento di stati depressivi, dipendenze da droghe pesanti, alcolismo e patologie di ordine fisico. Non si tratta di un narcotico perché la DMT, il principale principio attivo insieme all’armina e all’armalina, è la medesima sostanza prodotta dalla ghiandola pineale del cervello umano quando la notte il sonno entra in fase REM.
La decisione del Ministero della Salute di introdurre l’ayahuasca nella lista delle sostanze proibite deriva dalla “considerazione delle informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale” e in seguito a 5 segnalazioni del Sistema Nazionale di Allerta Precoce sulle droghe della Presidenza del Consiglio dei ministri “concernenti le segnalazioni di sequestri di estratti o di materiale vegetale secco o di polveri, contenenti le sostanze DMT, armalina e armina, effettuati sul territorio nazionale dalle forze dell’ordine” e di (solamente) due segnalazioni di intossicazione avvenute nel 2011 e nel 2018 in seguito all’assunzione di armina. Per la coltivazione, l’estrazione dei principi attivi, la cessione o la detenzione non per uso personale sono previsti dai 6 ai 20 anni di carcere.
La storia di lunga data dell’ayahuasca, ricchissima dal punto di vista antropologico e curativo, arricchisce questa sostanza di un complesso insieme di significati e attributi non riassumibili sotto la semplicistica etichetta di “sostanza stupefacente”. Il mondo accademico infatti, dopo l’importazione del preparato nel mondo occidentale, si è molto interessato alle sue proprietà proprio in ragione del potenziale terapeutico di tale mix di piante. Tuttavia, con la decisione di metterla del tutto fuori legge, il Ministero dimostra ancora una volta di non conoscere mezze misure tra la liberalizzazione e il proibizionismo.
[di Valeria Casolaro]
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