Lo scorso 14 marzo il governo degli Stati Uniti ha annunciato che il consolato nella città messicana di Nuevo Laredo chiuderà temporaneamente dopo essere stato bersagliato da diversi colpi di arma da fuoco. La comunicazione del governo Usa impone al personale rimasto sul territorio di rispettare il coprifuoco notturno. Una misura alla quale i diplomatici sono abituati solo in scenari di guerra aperta. Ma in Messico non è in corso nessuna guerra, almeno formalmente. Perché la realtà racconta altro, ovvero di un conflitto strisciante che da tempo oppone i cartelli della droga alle autorità del Paese. Una guerra che vede i narcos capaci di schierarsi come un vero e proprio esercito di guerriglia, senza timore alcuno di ingaggiare scontri militari non solo contro l’esercito messicano ma anche contro il personale della potenza a stelle e striscie. La vicenda che ha portato di nuovo le violenze sopra il livello di guardia è stata l’arresto di un boss locale di Nuevo Laredo, Juan Gerardo Trevino detto “El Huevo”. La risposta dei narcos è stata immediata: hanno messo a ferro e fuoco la città bloccando strade, bruciando veicoli e sparando all’impazzata. Proiettili che avevano tra i principali obiettivi il consolato americano e alcuni edifici dell’esercito messicano. Su Trevino, leader del Cartello del Nordest, un ramo del cartello de Los Zetas, nonché boss del gruppo di sicari “Tropas del Infierno” (Truppe dall’Inferno), pende infatti un ordine di estradizione negli Stati Uniti.
#Mexico🇲🇽
Una nueva ola de violencia se desata en la ciudad de Nuevo Laredo, en el estado de Tamaulipas, tras la captura del líder del Cártel del Noroeste. pic.twitter.com/nlhQBe1Z9c— AquelarreNews (@aquelarre_news) March 14, 2022
Le violenze dei cartelli della droga in Messico non sono certo una novità. Nel 2021, in Messico sono stati registrati 33.308 omicidi, un piccolo miglioramento rispetto al 2020 quando gli omicidi furono 34.514. Quasi due mila in meno rispetto all’anno record, il 2018, quando gli omicidi furono 35.964. Dati comparabili, se non superiori, a quelli di una guerra vera e propria. Ad esempio nella regione ucraina del Donbass, tra il 2014 e il 2021, i morti registrati nel conflitto sono stati 13.000, circa un terzo di quelli annuali del Messico.
Uno degli indicatori solitamente usati per valutare il livello di sicurezza di un determinato paese è il tasso di omicidi, ossia il numero di omicidi commessi ogni 100.000 abitanti. Utilizzando appunto questo indicatore il Messico, con circa 130 milioni di persone, non risulta nemmeno nei primi tre posti delle classifiche del Sud America.
I dati totali però parlano pero di una realtà diversa, la Giamaica che risulta al primo posto di questa classifica nel 2021 ha registrato 1.493 omicidi. Ossia circa 30.000 in meno rispetto al Messico. Numeri che non sono spiegabili esclusivamente dalla differenza in termini di abitanti tra i due paesi. Quello che non ha praticamente uguali in ogni altra parte del mondo è il livello dell’intensità che gli scontri hanno raggiunto. Nel marzo 2021, a Coatepec Harinas, distante qualche centinaio di chilometri dalla capitale Città del Messico, in un imboscata vennero uccisi 13 poliziotti. La regione di Coatepec Harinas è al centro di una guerra tra vari gruppi criminali, tra cui Familia di Michoacan e Jalisco Cartel New Generation (Cartel Jalisco Nueva Generación – CJNG). Le guerre tra i cartelli della droga sono legate al controllo dei territori in cui si concentra la produzione della droga, marijuana, oppio e droghe sintetiche. E nei territori di confine con gli Stati Uniti dove queste sostanze vengono poi contrabbandate. Gli stati messicani al centro di questa guerra sono sei: Guanajuato, Baja California, Michoacán, lo Stato del Messico, Chihuahua e Jalisco. In questi territori sono stati registrati oltre la metà di tutti gli omicidi nello scorso anno. Ma le violenze in Messico, non sono esclusivamente legate alle lotte tra bande criminali, nel febbraio 2021, una dozzina di poliziotti messicani, di un reparto d’élite addestrato negli Stati Uniti, vennero implicati nel massacro di 19 migranti nello stato del Tamaulipas.
Come spiegato dall’osservatorio sulla criminalità Insight Crime: “Il panorama criminale del Messico è diventato sempre più frammentato e predatorio, creando un clima di iperviolenza. Le armi da fuoco vengono utilizzate nella maggior parte degli omicidi e i gruppi criminali possono fare affidamento su un flusso costante di armi ad alta potenza dagli Stati Uniti. Sebbene il traffico di droga sia ancora un fattore importante che contribuisce a focolai di violenza, in particolare le droghe sintetiche, anche i rapimenti e le estorsioni sono diventati sempre più redditizi”.
[di Enrico Phelipon]