domenica 22 Dicembre 2024

Cibo cotto e cibo crudo: i segreti per ottenere il meglio dalla nostra dieta

La cottura dei cibi ha un potere alchemico, a volte negativo, di togliere delle proprietà agli alimenti, ma altre volte positivo di apportare dei benefici. Ci sono dunque dei pro e dei contro e cercheremo di conoscerli per sfruttare al meglio quello che ogni alimento può rappresentare in termini di salute.

Si pensa che la cottura degli alimenti abbia avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo. Con la scoperta del fuoco infatti, insieme alla possibilità di scaldarsi e di difendersi dagli attacchi degli animali, l’uomo ha potuto sperimentare un nuovo modo di mangiare. La cottura ha dato al cibo sapori e odori prima sconosciuti, ha reso digeribili alimenti pressoché immangiabili da crudi come i cereali e i legumi, ha ridotto significativamente il rischio di infezioni da batteri, funghi e virus. 

La cottura rende più digeribili molti cibi, perché il calore spezzetta in unità più piccole sia le proteine che gli amidi, predigerendoli e rendendoli più accessibili agli enzimi digestivi che altrimenti dovrebbero fare interamente questo lavoro, con maggiore dispendio di energia e calorie dal nostro organismo, fra l’altro. Ecco perché gli amidi cotti di cereali e legumi, essendo maggiormente digeribili, apportano più calorie degli amidi crudi. Questo è anche il motivo per cui i neonati e chi è malato o defedato devono nutrirsi di cibi morbidi già cotti: impiegheranno meno energie e meno sforzi per estrarne il nutrimento. Ed ecco anche perché l’alimentazione di oggi, basata in prevalenza su cibi ultra-lavorati e creati per sciogliersi in bocca, si associa a una vera e propria epidemia di obesità.

La cottura pare abbia avuto un ruolo fondamentale per la sopravvivenza della specie umana: aumentando la disponibilità di calorie apportate da cereali, legumi e patate, ha fornito all’uomo l’energia necessaria per la crescita e il sostentamento. Secondo le teorie evoluzionistiche cuocere il cibo ha contribuito a far crescere di volume il cervello dell’uomo e di conseguenza a migliorare lo status sociale dell’Homo sapiens sapiens rispetto ad altri primati che non hanno avuto accesso al cibo cotto. Una dieta crudista con cibi non lavorati – dato che in passato non esistevano frullatori e centrifughe – non sarebbe quindi stata in grado di sostenere l’evoluzione del cervello dell’uomo se l’avvento della cottura non avesse concesso ai nostri antenati delle caverne la possibilità di aumentare il numero dei propri neuroni (86 miliardi), riuscendo così a staccare di alcune lunghezze altre specie meno evolute. Si pensi che il cervello dei gorilla ha 33 miliardi di neuroni e quello degli scimpanzè 28 miliardi. Neuroni che apportano numerosi benefici ma che richiedono molte calorie per funzionare. Non a caso il cervello umano consuma da solo il 20 per cento dell’intero fabbisogno energetico giornaliero di tutto il corpo. Secondo questa teoria, dunque, noi umani dobbiamo il nostro patrimonio di neuroni alla cottura, che ci avrebbe liberati dalla condanna di dover trascorrere buona parte della vita sugli alberi a masticare cibi crudi. Potendo passare più tempo a terra davanti al fuoco, l’uomo sarebbe stato avviato alla socializzazione, al parlare, allo sviluppo di strutture sociali via via più complesse. Tutti compiti per cui è necessario possedere cervelli più complessi e sostenuti dall’energia disponibile grazie al cibo cotto. Una dieta crudista, quindi, sarebbe perfetta per perdere peso (masticare richiede dispendio di calorie da parte del nostro corpo), ma assolutamente deleteria per far crescere un bambino e permettergli un adeguato sviluppo cerebrale e che ha bisogno di mettere da parte più calorie di quelle che consuma.

Le virtù dei cibi crudi

La cottura ha avuto un ruolo rilevante nell’evoluzione umana, ma ciò non significa che non ci siano benefici nel consumo in forma cruda di una parte del nostro cibo. Se la cottura dei cibi ci offre più calorie ed energia, e migliora il gusto di svariati cibi, c’è però anche un lato negativo in quanto essa distrugge molti nutrienti degli alimenti, in primo luogo gli enzimi e molte vitamine. Gli enzimi sono importantissimi per la salute perché moltiplicano la velocità di tutte le reazioni chimiche che avvengono nel nostro corpo fino a milioni di volte Chi non produce o assume abbastanza enzimi è “rallentato” in tutte le funzioni corporee. Servono enzimi infatti per le funzioni metaboliche e digestive, la riparazione cellulare, l’attività del sistema immunitario. Senza enzimi gli ormoni, le vitamine, i minerali e le cellule non funzionano. Tutti gli alimenti crudi possiedono al loro interno il patrimonio di enzimi necessario per la loro digestione, ma la cottura oltre 45 gradi distrugge quasi del tutto queste sostanze. Il cibo crudo è quindi un vero concentrato di enzimi e vitalità. I cibi crudi sono più leggeri e non appesantiscono i processi chimici del nostro organismo, anzi li aiutano favorendo quelli di rigenerazione cellulare, disintossicazione, antinvecchiamento. 

Un altro pregio del cibo crudo è che a differenza di quello cotto non induce la leucocitosi digestiva, ossia non fa aumentare il numero di cellule del sistema immunitario che si attivano contro le sostanze “estranee” contenute nei cibi ingeriti (specialmente cibi cotti perché creano nuove sostanze anche tossiche nell’alimento, come furosina, acrilammide, ecc.). Il termine leucocitosi si riferisce ai leucociti (o globuli bianchi) che sono cellule di difesa immunitaria contro agenti esterni di ogni genere come batteri, virus, e anche sostanze estranee contenute nei cibi, che prima di essere neutralizzate dall’organismo vengono attaccate e controllate dalle cellule immunitarie come i leucociti. In questo processo di leucocitosi digestiva viene reclutato un enorme numero di globuli bianchi e tutto questo non fa altro che “distrarre” il sistema immunitario dell’intestino, che rappresenta i 4/5 della nostra immunità. Nel tentativo di combattere questi “patogeni” del cibo però si toglie la sorveglianza immunologica verso le cellule cancerose. I globuli bianchi, messi in allerta all’ingresso nell’intestino del cibo cotto, aumentano di numero dopo 15 minuti dall’ingestione, rimangono alti per alcune ore e poi tornano ai livelli basali. Questo è in sintesi un fenomeno infiammatorio che avviene ogni volta che mangiamo cibi cotti, ma che non si verifica con i cibi crudi. Poiché le infiammazioni del corpo sono di diversa natura e si sommano tra di loro, un modo per abbassare l’infiammazione totale è quello di ridurre il più possibile le sollecitazioni infiammatorie parziali come quella ai pasti appena descritta. 

Il crudo prima del cotto

Una soluzione efficace per limitare il fenomeno della leucocitosi è quella di consumare del cibo crudo (un frutto o una verdura) prima di quello cotto. Consumando un alimento crudo, per esempio una mela, prima di quello cotto si può gestire il fenomeno della leucocitosi digestiva. Questo perché nell’alimento crudo sono presenti una serie di sostanze (panallergeni) che preparano il nostro sistema immunitario in modo tale da evitare tutte quelle reazioni di difesa immunitaria che si attivano coi cibi cotti. In parole più semplici dobbiamo aggirare il nostro sistema immunitario. Per evitare che si attivi la leucocitosi digestiva e con essa tutti quei segnali di “pericolo” che predispongono il nostro organismo all’obesità, sovrappeso e infiammazione, basta mangiare una carota, un finocchio o un frutto, perché sono riconosciuti come cibi “amici”, prima di mangiare un alimento cotto, in modo tale che i globuli bianchi non aumentino e non si attivino con essi tutti i processi infiammatori nocivi per il nostro corpo. 

Cibi cotti salutari

Qualcuno potrebbe dedurre erroneamente, dalle informazioni appena illustrate sulla leucocitosi digestiva, che i cibi cotti siano da limitare come nemici della salute. Niente affatto. È vero che con la cottura i cibi perdono molti nutrienti come la clorofilla, le vitamine e gli enzimi, tuttavia essa può anche rendere alcune sostanze antiossidanti più numerose in quantità e maggiormente disponibili per l’assorbimento intestinale. Il pomodoro, ad esempio, cuocendo libera licopene, un potente antiossidante della famiglia dei carotenoidi, che protegge le cellule dai danni dei radicali liberi e dal loro invecchiamento precoce. Con la cottura il licopene diventa più facilmente assimilabile. Poiché il licopene è una sostanza liposolubile allo stesso modo delle vitamine liposolubili (cioè si scioglie nei grassi), l’aggiunta di olio al pomodoro favorirà ulteriormente l’assorbimento di questa sostanza: la sua concentrazione nel sangue sarà molto più alta dopo aver mangiato un buon sugo di pomodoro cotto piuttosto che un’insalata di pomodori crudi, magari senza olio. Quanto detto per i pomodori vale anche per le carote, i cui carotenoidi si liberano meglio se le saltiamo in padella con aggiunta di olio. I broccoli e gli altri vegetali della famiglia delle Crucifere (cui appartengono cavolfiore, cavolo cappuccio, verza, cavolini di Bruxelles, cavolo nero, rucola, ravanello e senape) sono considerati fra le verdure più importanti da consumare regolarmente grazie alla ricchezza non solo di vitamine, minerali e composti antiossidanti, ma anche di sostanze ad azione antitumorale come il sulforafano. In questo caso occorre però attuare una strategia di preparazione e cottura particolare, altrimenti non riusciamo a sfruttarne le proprietà. Il sulforafano non è presente nel vegetale integro ma si forma solo in seguito alla rottura delle pareti cellulari grazie all’azione di un enzima chiamato mirosinasi, come accade quando tagliamo o mastichiamo le verdure. L’enzima però viene distrutto dalla cottura e quindi, per ottenere i benefici del sulforafano, dobbiamo prima dare modo all’enzima di fare il suo compito. Occorre frantumare le cellule del vegetale in 2 modi: mangiando le crucifere crude (come nel caso della rucola, del cavolo rosso e del ravanello), oppure tagliandole e lasciandole riposare 10-20 minuti prima di cuocerle, per dare tempo all’enzima di agire. Perciò se prepariamo una zuppa o un minestrone a base di cavolfiore o broccoli, per ottenere la formazione di sulforafano dovremmo prima frullare le verdure crude, lasciarle riposare per 10-20 minuti e quindi cuocerle: il contrario di quanto facciamo normalmente.

[di Gianpaolo Usai]

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