venerdì 22 Novembre 2024

Messico, le comunità indigene trasformano il deserto in una foresta

In Messico, nello Stato di Oaxaca, le comunità sono riuscite a far rinascere un terreno impoverito da secoli di pascolo eccessivo. Il suolo, completamente esausto e incapace di trattenere acqua piovana per l’assenza di vegetazione, è stato reso nuovamente fertile: sono circa 200 i chilometri quadrati ripristinati negli ultimi 20 anni. Grazie alla riforestazione della zona, che progressivamente si sta estendendo a un territorio sempre più vasto, le comunità locali possono diversificare i propri mezzi di sostentamento, puntando sull’industria rinnovabile o sulla vendita di crediti di carbonio.

Le comunità nello Stato di Oaxaca sono riuscite a compiere in un paio di decenni ciò che la natura ha impiegato milioni di anni a creare: grazie allo schiacciamento delle pietre, alla creazione di fossati e all’impiantamento di vegetazione in grado di sopravvivere alle condizioni climatiche locali, ampie porzioni della regione Mixteca sono tornate a rinverdirsi. L’operazione ha avuto un successo tale che la Segreteria dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (SEMARNAT) e la FAO hanno scelto la zona come sede per l’incontro in occasione della Giornata Mondiale di lotta contro la desertificazione e la siccità, il 17 giugno 2021.

Nella regione è stato praticato, sin dai tempi della colonizzazione spagnola, un allevamento intensivo che ha causato il progressivo degrado di tutta la terra. La presenza delle capre, che al contrario dei bovini e delle pecore posseggono denti affilati in grado di sradicare anche le piante più resistenti, ha contribuito a velocizzare il processo di impoverimento del suolo. Nel XX secolo, inoltre, le politiche agrarie del governo messicano, che proponevano incentivi unicamente per la realizzazione di monocolture, non ha contribuito alla ripresa del territorio. Il terreno, incapace di trattenere acqua piovana a causa della mancanza di vegetazione e divenuto così impossibile da coltivare, ha subito un lento processo di desertificazione, che ha causato la mancanza di acqua potabile e l’impossibilità per le comunità di produrre il proprio cibo.

A causa del protrarsi per secoli delle tradizioni pastorali per molto tempo non è stato pensabile proporre un allontanamento degli allevamenti e un ripensamento dell’ecologia locale e in alcune comunità coloro che sostengono il pascolo e i gruppi che tentano la riforestazione si sono spesso scontrati. Nel 2018 una disputa tra un pastore che voleva far pascolare il proprio gregge in un’area rinverdita e la comunità locale, risalente a tre anni prima, è giunta alla Corte suprema, che si è pronunciata a favore della comunità stabilendo un importante precedente legale.

I primi tentativi di ripristino dell’attività del suolo, avviati tra gli anni ’70 e ’80, sono falliti a causa del tentativo di impiantare specie importate dall’estero incapaci di sopravvivere al clima locale. Quando si è iniziato a piantare pini provenienti da altre regioni del Messico si sono visti i primi risultati positivi. Questi alberi non sono in grado di riprodursi perché ancora incapaci di adattarsi del tutto alle condizioni meteorologiche locali, ma hanno avuto successo nel ripristino del suolo. Nelle zone nelle quali i lavori hanno avuto inizio 20 anni fa oggi vi sono dense aree di foresta alte fino a 5 metri che costeggiano le strade della regione e molte comunità sono tornate a disporre di acqua potabile. Nel 2021 sono stati impiantanti con successo anche querce, castagni e ginepri. Anche la fauna è tornata a popolare la zona.

L’infertilità del territorio è stata, nei decenni passati, una delle principali cause dell’emigrazione della popolazione verso altre zone del Messico o all’estero. Oggi la situazione sta lentamente cambiando. Il lavoro di ripristino, che coinvolge buona parte delle comunità, dura quasi tutto l’anno e ha un grande impatto anche sulle attività di aggregazione delle comunità. Nella stagione secca si iniziano a preparare fossati e canali e con l’arrivo delle piogge, tra luglio e ottobre, il lavoro di riforestazione diventa una sorta di festa popolare che coinvolge l’intera collettività.

Ora che il problema dell’approvvigionamento di acqua potabile non costituisce più un’emergenza, le comunità locali possono pensare di sfruttare quanto creato per garantire un reddito sicuro alle famiglie, ad esempio investendo nell’industria sostenibile o vendendo crediti di carbonio. Il lavoro delle comunità per implementare la propria resilienza costituisce un esempio pratico di come la relazione tra uomo e ambiente possa assumere anche un aspetto produttivo, contribuendo alla riqualificazione ambientale.

[di Valeria Casolaro]

 

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

2 Commenti

  1. In Africa esiste il progetto di riforestazione “Tue Great Green Wall” per cui varie associazioni e ONG piantano alberi.
    Il motore di ricerca “Ecosia” ne finanzia alcune.

Comments are closed.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria